Le mie impressioni su La legge dei lupi, tanto chiacchierato secondo volume della dilogia di Nikolai
Le legge dei lupi è l’ultimo volume ad oggi pubblicato da nostra Signora Leigh Bardugo, queen indiscussa del fantasy degli ultimi anni che, con il suo Grishaverse, ha portato tanti lettori verso un genere che stava diventato sempre più di nicchia.
La sua ultima dilogia, composta da Il re delle cicatrici (King of Scars) e La legge dei lupi (Rule of Wolf) riprende le vicende di Nikolai, Zoya, Genya, David, Tolya e Tamar, personaggi secondari della Grisha Trilogy, alcuni dei quali avevano fatto la loro comparsa anche in Sei di Corvi (Six of Crows), dilogia da cui proviene il personaggio di Nina, che qui ha una storia parallela e funzionale a quella di Nikolai. Le vicende de Il re delle cicatrici si mettono dove le avevamo lasciate, qualche mese dopo il finale de Il regno corrotto, ma tre anni dopo il finale Rovina e Ascesa.
Come ormai ci ha abituati, Leigh Bardugo ci presenta, ne La legge dei lupi, così come nel suo predecessore, Il re delle cicatrici, un aspetto diverso del mondo da lei creato. Mentre nella trilogia ci raccontava dei Grisha, con i loro particolari poteri, e nella dilogia di Ketterdam e dei delinquenti che vi vivevano, qui ci viene presentata la politica di Ravka e di tutto l’universo che la circonda.
E da qui in poi… Attenzione, SPOILER! – di Il re delle cicatrici
Al termine de Il re delle cicatrici avevamo lasciato i nostri eroi, Nikolai e Zoya, a vedersela con un mondo in subbuglio: l’Oscuro era tornato, Shu Han si era rivelata non un possibile alleato, ma una regione ostile, i fjierdiani erano alle porte, pronti ad attaccare, con dalla propria parte anche un legittimo pretendente alla corona. In tutto questo il si trovava a combattere, letteralmente, contro i suoi demoni.
La legge dei lupi si riapre proprio su questa situazione idilliaca portando, dopo un numero non indifferente di pagine – quasi 500, nella fitta stampa Mondadori – tutte le situazioni fino a ora rimaste sospese a compimento.
Partiamo dalle cattive notizie: La legge dei lupi, così come mi era capitato fin ora soltanto con Il regno corrotto, mi è apparso leggermente affrettato, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo delle relazioni interpersonali e delle emozioni dei personaggi. Leigh Bardugo, sempre così brava nel disegnare scenari e caratteri così complessi da apparire reali, certe volte, nel portare a compimento una vicenda, mi pare inciampi nelle loro reazioni emotive.
Secondo punto a sfavore del romanzo, secondo me, è la sensazione di un deus ex machina che muova i personaggi dall’alto per poter risolvere ogni situazione che si è presentata ne Il re delle cicatrici ne La legge dei lupi. Il ritorno dell’Oscuro in primis mi è parso quasi un obbligo morale che l’autrice si è imposta dopo il successo di questo personaggio, ma forse mi sbaglio.
Ora, però, veniamo ai lati positivi, che sono sicuramente molti di più di quelli negativi e che mi hanno fatto godere di questa lettura. Ne La legge dei lupi troviamo due storyline parallele che non si incrociano quasi mai, e, per quanto sia chiaro il collegamento tra l’una e l’altra, è stato gestito perfettamente il fatto che tra loro si influenzassero senza mai sfiorarsi davvero.
I nuovi personaggi introdotti in questa dilogia sono meravigliosi e degni di tutto il nostro amore come quelli precedentemente scritti – a proposito dei quali questo libro regala gioie inaudite, chi mi conosce sa. Infine, il finale che ci viene proposto regala grandi gioie e grandi speranze per il futuro. Quindi, che dire, Leigh continua così che al prossimo giro tocca a Kaz Brekker.
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