I flagelli di Breslavia, il thriller polacco del 2018 disponibile sulla piattaforma cinematografica Netflix, di cui potevamo benissimo fare a meno.
Un giorno, con amici, abbiamo deciso di stilare una lista di film da vedere e tra tanti classici in mezzo ci stava proprio I flagelli di Breslavia, che abbiamo scelto proprio perché era l’unico a non essere importante, attirati dalla descrizione e perché non lo aveva visto nessuno e volevamo conoscere qualcosa di nuovo. Purtroppo, come si evince dal titolo, ci siamo trovati davanti tutto tranne che qualcosa di mai visto, andiamo dunque ad analizzare il film.
La pellicola è un crime di produzione polacca del 2018 scritto e diretto da Patryk Vega. Tra le caratteristiche nella descrizione di Netflix vi sono gli aggettivi violento, crudo e suspense, ma potete benissimo scordarli alla visione del film.
La trama racconta il caso di questa detective, Helena Ruś, interpretata dall’attrice Małgorzata Kożuchowska, che in seguito al ritrovamento di un corpo nella pelle di un bovino si ritrova davanti ad un serial killer che si sta palesemente inspirando alle vicende settecentesche di Breslavia.
Per chi non conoscesse la storia polacca: si parla della settimana delle piaghe, nel 1700 in cui la città di Breslavia veniva periodicamente ripulita da chi era condannato dal Boia come un peccatore e subiva diverse torture, così come fa il killer de I flagelli di Breslavia che uccide tutti i giorni, per sei giorni alle 6:00pm qualcuno che considera peccatore e marchia le sue vittime con il peccato commesso: degenerazione, latrocinio, corruzione, calunnia, oppressione e disonestà.
Il film ci propone una regia fin troppo pulita per un thriller, senza montaggio intenso o fotografia inquietanti o movimenti della macchina da presa incalzanti che riescano a portare effettivamente suspense allo spettatore, preferisce lunghe inquadrature portando al minimo il montaggio e dunque non colpendo come un crime d’azione dovrebbe. Un punto a favore sono le riprese paesaggistiche e come la fotografia luminosa rende queste inquadrature, ma che comunque non rispecchia la struttura del genere che stiamo vedendo.
Inoltre, anche la messa in scena di molti avvenimenti risulta poco curata e molto finta. Sembra non ci sia accordo tra sceneggiatore e regista quando sappiamo essere la stessa persona, ad esempio, senza spoilerare: il film si apre con la scena della detective Ruś che piange in macchina, segue scena della stessa che si atteggia a dura davanti ai suoi colleghi, tra cui uno di loro estremamente sbruffone che addirittura si fa i selfie coi cadaveri (parleremo di questo in seguito) e ancora inseguito ultima scena in cui lei, a casa sua, piange. Il motivo del pianto sarà solo accennato molto dopo e lei si vedrà completamente apatica e senza sostanza per tutto il resto del film, complice la pessima recitazione dell’attrice inespressiva.
Altra scena discordante col copione de I flagelli di Breslavia: la scena del cavallo. L’animale deve andare in contro alla detective che, come fosse amica degli animali, deve fermarlo e salvare quella che sembra tutta una città che fugge come da un disastro naturale quando si tratta solo di un cavallo su un rettilineo. Cosa va storto a parte la folla (insensata) che fugge? La dinamica secondo cui praticamente Helena si piazza al centro della strada e il cavallo, che fino a qualche metro prima investiva le persone, proprio davanti a lei rallenta e si ferma, facendo passare così la detective per “l’eroina che ferma il cavallo imbizzarrito in piena città”, come fosse il Dottor Dolittle in sostanza.
Andando ad analizzare il resto della sceneggiatura e della storia possiamo notare innanzitutto l’assenza di caratterizzazione per tutti i personaggi. In primis la protagonista, inizialmente tutto fumo e niente arrosto, in secundis la straziante presenza di una giornalista, Agnieszka, odiata dalla polizia locale che mi ha ricordato una bruttissima copia del grande personaggio che è invece Gale Weathers in Scream.
Questa giornalista per quasi due ore di film non servirà assolutamente a niente, è come se fosse praticamente solo presentata. Inoltre la caratterizzazione di Magda Drewniak, donna rozza e onestamente anche abbastanza cringe, almeno all’inizio, che aiuterà Helena nelle indagini. E infine il collega di cui parlavamo precedentemente che bisognava rendere il contrario di ciò che è, cioè un pezzente detestabile, ai fini della storia (non spoilero).
La suspense, come spiegavo inizialmente, ne I flagelli di Breslavia non esiste in quanto il colpo di scena è uno solo, avviene alla fine ma non è neanche così ben costruito da poter dire “ha senso”, è una ribellione nei confronti del più forte e una denuncia sociale verso il patriarcato che avviene praticamente a caso senza che ce ne sia una costruzione vera e propria intorno alla pellicola. Inoltre, cosa più importante e anche più deludente, lo spattatore capirà killer e movente nel giro di poche scene, il che, per essere un thriller vanifica tutto il film. E poi non è neanche così crudo come descritto. Siuramente questo è un dato soggettivo, ma se devo pensare ad un Saw l’Enigmista, ad esempio, non ci sta proprio paragone, inoltre è visibile come sia tutto plastificato e finto.
Non è un film che odora di novità perché è un tema già affrontato. Lo abbiamo visto con Angeli e Demoni di Ron Howard tratto dall’omonimo libro di Dan Brown, in cui il serial killer uccideva basandosi sui quattro elementi naturali, lo abbiamo visto soprattutto con un film al quale palesemente si rifà Vega: Seven, grande capolavoro diretto da David Fincher con Brad Pitt e Morgan Freeman, in cui il serial killer uccideva le vittime ispirandosi ai sette peccati capitali. Insomma cose già viste e riviste in cui cambia solo il modus operandi di un serial killer poco originale.
In conclusione: I flagelli di Breslavia è un film poco curato, nella regia, nella sceneggiatura, nei dettagli. È visivamente brutto a tratti, la costruzione della scena lo rende come un qualsiasi film di serie b che passa ad esempio sul canale televisivo Cielo, porta al pubblico la stessa vibe, molte scene sono ridicole e poco sensate, è veloce e senza ritmo, per non parlare del fatto che letteralmente non risulta adrenalinico o angosciante, è molto statico, quasi apatico, poco studiato, è estremamente prevedibile e praticamente non vale neanche la pena vederlo se non magari prendendolo come una commedia.
Comprende, tra l’altro, un concept già sviluppato e assolutamente con grande prestigio, non si possono neanche paragonare questo prodotto da quelli a cui si ispira, è dunque scontato, banale, spurio e imitato male sotto la diversi punti di vista. Per la maggiore non consiglierei questa pellicola a nessuno, ma se siete curiosi o avete tempo da perdere con I flagelli di Breslavia in sottofondo, potete benissimo trovarlo su Netflix. Come dico sempre: anche prodotti sgradevoli vanno visti per dire che e se (perché anche la critica ha la sua dose di soggettività come è giusto che sia) sono effettivamente sgradevoli.
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