La cilena che scrive un romanzo su un giapponese: “L’Amante giapponese” di Isabel Allende
Un classico dell’Allende approfittare della trama, che funge da cornice, per prenderci per mano e farci viaggiare nelle parti più recondite della Psiche dei personaggi. Difatti, il romanzo è formato da racconti intercalati in cui un narratore (onnisciente, come vuole il realismo mágico) estrapola dalla mente dei protagonisti ricordi, paure, desideri e pensieri più intimi; queste storie si sovrappongono col fine di creare un caleidoscopio di vite ed esperienze. Il lettore di Isabel Allende sa che, ogni volta che termina il romanzo, entra molto più in intimità coi personaggi che con sé stesso.
Le donne sono tenaci e, durante la loro esistenza, acquisiscono una forza quasi sovrumana a suon di sfide contro un destino completamente avverso. Gli uomini, invece, sono travolti da un vortice di passione che lo porta ad innamorarsi perdutamente.
L’amore lo vediamo declinato sotto molteplici prospettive e punti di vista, ed è soggetto sempre a un mutamento perpetuo che il lettore segue durante la lettura di tutto il romanzo. Così, l’amore fraterno si trasforma in amore carnale, il rispetto e la stima si trasformano in amore filiale.
Per quanto riguarda lo stile, invece, per Isabel Allende, scrittrice di opere eterogenee che toccano molti generi letterari, notiamo che il realismo magico è un sottile filo che l’accompagna durante tutta la sua carriera, e probabilmente continuerà a farlo: fantasmi, elementi soprannaturali e magie abbelliscono una narrazione che abbonda profondamente di descrizioni.
Parlando della trama (senza rivelare troppo per non spoilerare nulla a coloro che ancora non hanno letto il romanzo), la protagonista è Alma Belasco, signora elegante che, raggiunti i suoi ottant’anni, all’interno della casa di riposo negli Stati Uniti dove vive, ripercorre tutta la sua vita una volta conosciuta una nuova dipendente che lavora nel posto in cui abita: una giovane fuggita dall’est Europa per trovare tregua e rifugio in un paese lontano e straniero. Sono proprio gli elementi che queste due donne hanno in comune a far viaggiare Alma nel passato, quando, durante la seconda guerra mondiale, si innamorò di un ragazzo giapponese, Ichimei Fukuda, figlio del giardiniere di Casa Belasco.
La descrizione minuziosa degli avvenimenti storici che Isabel Allende riporta nel romanzo ci rivelano un realismo che fa riflettere il lettore: si possono prendere in considerazione, per esempio, i campi di concentramento voluti dagli stessi USA per “intrappolare” i nipponici, con allegate tutte le torture che noi, oggi, possiamo solo immaginare (forse). Ed è proprio in questo contesto crudo e fortemente realista che, come tradizione vuole, nasce la magia, incarnata dai due amanti e intrappolata nelle lettere che si scambiarono, nei baci (luce in un contesto oscurissimo, come quello della guerra), nelle parole sussurrate fra i due. Una storia toccante la cui bellezza è impossibile da descrivere, anche per una malata di Isabel Allende come me.
Che dire: l’Allende ci ha regalato un altro piccolo capolavoro, dove fantasia e realtà si intrecciano. Dove l’amore esce fuori anche in contesti dominati dall’odio e dal pregiudizio.