Yara – il film – Netflix (2021)

Yara Gambirasio: dalla cronaca a Netflix rimanendo forse un po’ troppo in superficie.

L’ormai rodato stile Netflix nel voler portare sullo schermo fatti di cronaca, meglio se cruenta e drammatica, è ormai diventato un’abitudine quasi macabra dove la piattaforma un po’ per attirare nuovi utenti un po’ per sfruttare il clamore e la presa sul pubblico di casi  che nonostante siano passati anni mantengono ancora alto il coinvolgimento emotivo dei più (vedi “Sulla mia pelle”) mette in scena film che, non sempre, ma spesso, puntano solo al profitto e non a dare evidenza ad un evento che meritava sicuramente maggiore approfondimento.

Molti utenti, infatti, attendono questi film per approfondire e magari recuperare notizie o particolari persi all’epoca dei fatti; probabilmente nell’idea che il film possa dare maggiore risonanza a piste poco battute ma anche ad eventuali falle ed errori commessi nell’indagine e in qualche modo, se necessario, dare un nuovo stimolo alle indagini stesse (vedi sempre “Sulla mia pelle”).

Ma non è questo il caso, trattandosi di un’indagine ormai chiusa con il colpevole condannato all’ergastolo in tutti e tre i gradi di giudizio; per cui di tutti questi “buoni propositi”, sembra, resti solo il morboso bisogno di particolari, inconscio nell’utente, su cui Netflix fa leva. Ed è questa la tela in cui, probabilmente, sono caduto anch’io quando ho deciso di guardare Yara.

Quindi, questo film l’ho guardato anch’io, proprio attratto da tutte le notizie sfuggitemi all’epoca, o forse solo curioso di vedere come sarebbero stati rappresentati e riportati i fatti.

Perché per eventi del genere, siamo tutti ansiosi di tirare le somme, in attesa di vederne la ricostruzione, come si sono verificati gli eventi o almeno come gli inquirenti seguendo le prove hanno avuto modo di ipotizzarlo, tenendo però sempre bene in mente che, sicuramente, per rendere appetibile un prodotto del genere poi, libertà e fantasia degli sceneggiatori vanno ad arricchire il tutto con dialoghi magari mai avvenuti.

Yara

Il film è sicuramente efficace nell’intento suddetto di tirare le somme sul percorso delle indagini, sulla ricerca delle prove, sulla scoperta del colpevole e sul modo in cui è stato finalmente smascherato. Ma è proprio questo che, personalmente, non mi è piaciuto; il fatto che la storia sia incentrata solo sull’indagine svolta e su nient’altro. La vittima non è più al centro, ma lo è l’indagine, e anche a tutta la fase della ricerca viene dato poco spazio. Yara è solo la ragazzina sparita, poi probabilmente rapita e infine trovata morta.

Yara esiste solo in quanto vittima quando invece si sarebbe potuto dare più spazio ai suoi pensieri, alle sue passioni e al futuro che le è stato sottratto.

Per cui alla fine il tutto sembra più un film per la tv e la sensazione è quasi quella che si sia voluto evitare di raccontare la storia in una serie rendendola inutilmente sintetica ed essenziale. E questo voler rendere breve una storia durata così a lungo, le innumerevoli piste battute, tutti i risvolti e le implicazioni è stato, a parer mio, un modo ingiusto di trattare un fatto di cronaca che ha sconvolto la vita di una famiglia e di un’intera comunità; ingiusto non perché non corretto ma perché, sempre a parer mio, non ha reso davvero giustizia alle vittime.

Il Cast

Venendo al cast, Yara è magistralmente interpretata dalla giovane Chiara Bono. Ha, ovviamente, pochissime scene perché viene rapita nei primi minuti; ma per quel che conta l’interpretazione è ottima, le scene semplici trasmettono ciò che la povera Yara ha provato, donandoci le sue sensazioni. Qualcosa di molto forte ma sicuramente ancora molto lontano dalla paura reale di quei momenti, che al solo pensarci si attacca addosso facendoci sentire piccoli ed indifesi.

Mi hanno colpito molto anche le interpretazioni dei due marescialli, Alessio Boni e Thomas Trabacchi, due grandi attori che sono stati poco sfruttati, dandogli poco spazio e spremendo tutto il loro talento in quelle poche scene ricavate dalle sceneggiature; scene a volte quasi inserite solo per dare degna evidenza a tanto talento, altrimenti sprecato.

Poco incisiva la presenza degli attori che interpretano i genitori di Yara ed anche del talentuoso Roberto Zibetti, nei panni di Massimo Bossetti (che ricordiamo essere all’ergastolo per il delitto).

Yara

Quindi tutti attori sostanzialmente marginali o di cornice a scene dove la protagonista è, e lo resta fino alla fine, la PM Letizia Ruggeri, interpretata dalla bravissima Isabella Ragonese; la quale però forse dà al personaggio troppo del suo bagaglio professionale, rappresentando la PM, sempre secondo me, troppo dal punto di vista personale e troppo poco da quello professionale.

Basti pensare che il povero Zinelli viene fuori solo sul finire del film, nascosto per tutto il tempo da un alone di mistero, come a voler far salire la suspence su di una storia di cui si conosce già il finale inserendo solo, forzatamente dei passaggi; brevi fotogrammi per dare atto del fatto che il Bossetti fosse spesso sulle scene dei ritrovamenti o delle indagini, ma nascosto nel suo camion bianco con cui passava paradossalmente inosservato. Forse per dare l’idea, finalmente, di qualcosa su cui le indagini abbiano toppato; perché sembra che il colpevole, a voler tenere la situazione sotto controllo, si trovasse spesso sulle scene più importanti, nascosto sì, ma mica tanto.

Del resto, che si cercasse il possessore di un camion bianco era ormai risaputo, eppure, sembra, che sia transitato sulle scene principali senza che nessuno lo fermasse né,assurdo, lo notasse.

Considerazioni finali

Nel complesso, viene fuori una pellicola, dal mio punto di vista, poco veritiera, limitata e forzata nel voler dare più spazio ai sentimenti che ai fatti; le prove e le indagini sembrano quasi briciole lasciate lì per dovere di cronaca.

Per concludere posso solo dire che questa volta tra me e Netflix non è andata molto bene. Ad una storia come quella di Yara andava resa giustizia; magari con una serie da 8 episodi, che potesse dare il giusto rilievo all’indagine, concentrandosi sulle prove e non solo sui sentimenti e le emozioni di chi le ha condotte ed onorando la memoria di una ragazzina a cui è stato brutalmente e senza motivo strappato via il futuro.

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