The Winner’s Curse, la Maledizione – Recensione

The Winner’s Curse, la maledizione del vincitore, quella che colpisce chi compra all’asta e vince, pagando un prezzo spropositato…

Kestrel è figlia del generale Trajan, capo dell’esercito valoriano, e quindi si presume che la sua vita sia tutta agiatezza e gioie. Ma Kestrel ha perso la madre quando era piccola ed è stata cresciuta da una schiava herrana, che ha poi liberato. Questo, mischiato al suo insano interesse per la musica, fanno di lei una valoriana ben strana agli occhi del padre, che tutto quello che desidera è che la giovane entri a far parte dell’esercito insieme a lui.

Quando, un giorno, la sua amica Jess la trascina nella fossa degli schiavi, Kestrel si sente estremamente e improvvisamente attratta da uno schiavo, un cantante, che viene venduto in quel momento: Arin. Mossa da quel desiderio che non riesce a trattenere Kestrel fa un’offerta, e vince. Vince, e viene colpita da the winner’s curse, la maledizione del vincitore.

The Winner’s Curse non è un fantasy giovane, e forse un po’ si nota nella struttura della storia, a tratti semplice e molto romantica, ma da metà libro in poi vi è una svolta. Le strategie militari entrano in atto, le fazioni entrano in contesa e il romanzo diventa, se non adrenalico, per lo meno estremamente coinvolgente, con gli eroi collocati su fronti opposti che ti rendono impossibile tifare per l’uno piuttosto che per l’altro.

Perché leggere The Winner’s Curse?

In The Winner’s Curse la scrittura di Marie Rutkoski si conferma semplice come la ricordavo. L’autrice ellissa laddove necessario, si sofferma sui pensieri più che sulle descrizioni fisiche e sulle azioni, fa sì che i personaggi e le situazioni ci vengano presentati con poche, secche, semplici parole. E’ una scrittura che bisogna saper apprezzare, perché abbastanza particolare, ma per me è sicuramente stato così.

The Winner’s Curse ci presenta una mondo spaccato dalla guerra, dove valoriani ed herrani non fanno altro che essere in conflitto tra loro, ma anche in conflitto ideologico, non soltanto fisico. Come l’autrice stessa ammette nella nota, l’ispirazione è sicuramente quella del mondo classico, dove i romani, guerrieri come i valoriani, si contrapponevano agli herrani, artisti e musicisti, medici e filosofi.

Il rapporto che sboccia tra i due protagonisti è quasi un momento doloroso a cui assistere, basato su bugie, non detti, conflitti che dilaniano il cuore stesso degli eroi di questo romanzo, Arin e Kestrel non possono fare che avvicinarsi, accomunati da una passione comune, ma anche desiderosi di essere meno soli. E mentre loro si avvicinano noi lettori non possiamo che stare a guardare, come si guarda un’incidente inevitabile, perché i due protagonisti collideranno e non ci sarà più nulla da fare.

Un romanzo che ho letto con la convinzione che non sarebbe potuta andare a finire bene per nessuno. Questo mi ha lasciato The Winner’s Curse, la curiosità di sapere in che modo mai questa situazione potrà essere risolta, perché gli espedienti messi in atto da Kestrel, e quindi dall’autrice, sono sempre efficaci, ma semplici, quasi banali. Mentre sembra che a non essere banale sia il dialogo, l’accettare i propri sentimenti e l’esprimerli a parole, perché se i protagonisti di The Winner’s Curse facessero questo, sicuramente non risolverebbero nulla, ma almeno saprebbero di avere qualcosa per cui lottare.

E’ un romanzo quasi doloroso da leggere, che sconsiglio solo se uscite da relazioni tormentate, altrimenti buttatevi, per scoprire le gioie e i dolori, più i dolori, di questo mondo e di questo amore.

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