Teddy – Recensione

Teddy sembra un bambino normale, e in effetti lo è, ma l’amica immaginaria che compare nei suoi disegni non lo è affatto.

Mallory è molto giovane, ha soltanto ventun anni, ma nonostante questo nella sua vita ha dovuto scontrarsi con la dipendenza e si trova in una fase di recupero. Intenzionata a cominciare da capo si presenta a un colloquio di lavoro come babysitter di Teddy, un bambino dolcissimo, con cui instaura subito un ottimo rapporto.

Le cose sembrano andare per il meglio, se non fosse che i disegni di Teddy, in cui viene rappresentata anche la sua amica immagina Anya, si fanno sempre più inquietanti, tanto che Mallory si sente costretta a mettersi a indagare, mettendo a rischio la sua posizione lavorativa e forse anche la sua vita.

Un thriller veramente originale, con disegni più inquietanti della trama, Teddy sembra voler prendere il meglio di entrambi i mondi, quello visivo e quello evocativo. La scrittura, infatti, trascina il lettore in situazioni inquietanti, difficili da replicare perché interne alla psicologia del personaggio o legate all’odore che aleggia intorno a Teddy stesso. Dall’altra parte troviamo i disegni, che con il loro grande impatto visivo inquietano più di quanto facciano le parole.

E’ stata una buona idea quella di far illustrare Teddy?

A mio avviso: sì. Un’idea vincente quella di volere Teddy come romanzo illustrato innanzitutto perché la scrittura dell’autore, Jason Rekulak, è piuttosto semplice e lineare, anche a causa del punto di vista interno di Mallory che ci accompagna per tutto il romanzo. Sicuramente l’autore riusciva a essere evocativo anche nella semplicità della sua prosa, ma l’idea di farla accompagnare da immagini, da disegni di bambino, non fa che aumentare la sensazione di inquietudine che ci accompagna per tutto il romanzo.

Il paranormale, in Teddy, si fonde bene con il reale, senza mai dare al lettore l’idea di forzatura o irrealtà, senza rompere, in altre parole, il patto di sospensione dell’incredulità. Fino alla fine permane il dubbio sulla follia della protagonista, anche se in un angolo della nostra mente, perché in fondo non ci crediamo davvero. Ma allora dovremmo credere che esiste Anya? E che l’amica immaginaria di Teddy sia un fantasma? Domande che soltanto nelle ultime pagine troveranno risposte.

Mallory è la protagonista di un thriller che ci meritiamo: non una completa idiota, non corre dietro a Teddy e non cerca di entrare in camera sua quando accadono cose inquietanti, ma dall’altro lato è abbastanza giovane e ingenua da seguire l’istinto, facendo così progredire la situazione. Le sue vicende personali si intrecciano bene con quello che sta accadendo alla famiglia di Teddy e non ci lasciano annoiati neanche per un momento. Neanche una volta quando Mallory ci raccontava qualcosa sul suo passato avrei preferito si tornasse alla vicenda principale.

Il punto forte di Teddy è la comprensione dell’autore di non avere un mistero chiave, un’unica grande incognita che tenga il lettore incollato alle pagine, per cui ne inserisce inizialmente due, il mistero di Anya e quello di Mallory, che poi con il progredire della storia diverranno tre, addirittura quattro… Una scelta attenta e ponderata per creare un romanzo che rende impossibile evitare il fenomeno del turning page – l’ho letto in un gruppo di lettura, vi assicuro che l’abbiamo finito tutte in pochissimi giorni, era diventato impossibile staccarsene!

In conclusione possiamo dire che l’unico problema di Teddy sia quello di non essere un romanzo memorabile, ma si tratta sicuramente di uno di quei thriller che sanno tenerti incollato alle pagine e che ti impediscono di staccartene, tanto che si legge in pochissimi giorni. Lo consiglio vivamente in questa spooky season a chiunque voglia farsi trasportare dalle atmosfere di Halloween.

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