Squid Game – L’infanzia non è mai stata così pericolosa.

Squid Game – recensione della serie in breve

Squid Game è una serie sudcoreana, ideata e diretta da Hwang Dong-hyuk e prodotta da Netflix, disponibile sulla piattaforma dal settembre di quest’anno.

La storia si incentra su Seong Gi-hun, uomo divorziato e con una figlia, pieno di debiti, vizioso delle scommesse ippiche e con una madre malata a carico.

Si trova un giorno a giocare con uno sconosciuto disposto ad offrirgli dei soldi in caso di vincita e con una proposta difficile da rifiutare. Viene catapultato in una piattaforma di gioco, con altri 455 partecipanti pronti a giocare per vincere una somma spropositata, ma già dalla prima partita si rende conto che più che una grande opportunità è una scommessa : La vittoria o la vita.

Squid Game è senza alcun dubbio una serie molto popolare al momento, ed è facile capirne il perché.
A tutti piace vedere un po’ di (in)sana violenza e giochi potenzialmente mortali ( il parallelo con la popolarità di Saw o Hunger Games ne è la prova), che contemporaneamente si distaccano da questa visione in quanto le sfide poco si sposano con la violenza proposta.
La serie è decisamente “particolare”, i giochi Infantili che ci vengono mostrati, entrano in forte contrapposizione con la tragicità della vicenda, rendendo il tutto irreale e al contempo leggermente disturbante.

Su questa serie ci sono diverse opinioni contrastanti, da chi la definisce sopravvalutata e chi invece acclama a gran voce l’innovazione.

Squid Game è senz’altro una serie divertente, a tratti anche interessante per le backstory di alcuni personaggi, sicuramente ottima per passare una bella serata in compagnia, ma di certo non la si può definire la serie dell’anno.
Essendo stata scritta nel corso di più di dieci anni ( l’idea dell’autore parte dal lontano 2008) sono visibili già alcuni problemi legati all’ originalità.


Come già citato sopra, anche solo l’idea di “giocare per la propria vita” è un qualcosa che è già stato riproposto più volte e anche la caratterizzazione del protagonista appare a tratti irreale e stereotipata.
Si parla del classico “eroe”, uomo giusto che non farebbe del male a nessuno, anche se dovesse valerne la propria vita. In un contesto del genere è senz’altro un atteggiamento abbastanza superficiale, contando il fatto che il gioco sia volontario e che quindi abbia scelto di parteciparvi senza esserne obbligato.
Ci sono difatti tanti altri personaggi che giocano d’astuzia e che, per quanto possano essere percepiti come fastidiosi o addirittura immorali a volte, si adattano meglio all’ambiente creato.

Oltre alla storyline principale, si aprono diverse sottotrame, alcune di queste abbastanza interessanti, che arricchiscono soprattutto la conoscenza dello spettatore riguardo i retroscena e gli organizzatori del gioco.
Gli stessi soldati (le tute rosse) sono sottoposti ad un regime estremamente rigido, composto da una scala gerarchica ben definita e ben identificata dai simboli proposti sulle maschere. Ognuno conosce il proprio ruolo e rispetta le regole, pena la morte.


I tre simboli infatti, manifestano ognuno una categoria:

Tutti sotto l’occhio attento del Frontman, addetto a gestire la sede.

Molto interessanti difatti, sono proprio l’organizzazione e le regole del gioco.
A reggere il tutto c’è l’idea di “uguaglianza”, non esiste un giocatore più importante dell’altro e nessuno viene favorito senza pagarne il prezzo. In più, la scelta di giocare è assolutamente affidata ai giocatori, con l’unica imposizione di non potersi tirare indietro una volta iniziato, eppure anche a questa clausola esiste rimedio, in quanto viene affidato, sempre agli stessi giocatori, la scelta di terminare i giochi a patto che la maggior parte sia d’accordo. Anche le stesse squadre, che verranno poi formate durante il corso della serie, sono totalmente organizzate dai partecipanti.Viene proposta quindi una completa autogestione e la possibilità di una votazione democratica.

Insomma, si parla di un gioco decisamente letale, ma a modo suo giusto e ben pensato, in cui quello che conta di più sono le regole e le pari possibilità.

In conclusione, consiglierei fortemente la serie in quanto ideale per “staccare un po’ ” dalla monotonia giornaliera, ma di certo non c’è da aspettarsi un capolavoro.

Aspetto i vostri pareri nei commenti,

Buona Visione