Sotto la Porta Dei Sussurri – Una Dura Lezione Sulla Morte

“It’s never enough, is it? Time. We always think we have so much of it, but when it really counts, we don’t have enough at all.” – da Sotto La Porta Dei Sussurri

E’ difficile parlare di una storia che ha come tema principale il lutto e la morte stessa, poiché ogni volta che ce la si ritrova davanti ciò che si può dire a proposito è abbastanza relativo. Si potrebbero spiegare le infinite cause o come il corpo fisico reagisce ad un tale shock, ma poi la nostra conoscenza si ferma lì. E forse non la potremo mai comprendere del tutto.

TJ Klune però, con la sua storia, riesce a fare una cosa straordinaria: far comprendere che, forse, per quanto la morte possa essere violenta e ovviamente del tutto inaspettata e ingiusta a volte, può comunque contenere del bene. E’ vero, non sappiamo e forse non sapremo mai che cosa si celi dopo l’ultimo battito del cuore e il respiro finale, ma è veramente così necessario sapere?

Sotto La Porta Dei Sussurri – Copertina

Wallace Price non ha mai pensato a come sarebbe morto non tanto per un eccesso di positività quanto per una vera e propria questione di non curanza. Il suo perenne chiodo fisso è sempre stato il lavoro, nel quale è senza ombra di dubbio, uno dei più competenti. Sì, perché il lavoro è questo: pura attitudine che non lascia spazio a sentimentalismi e chiacchiere tra colleghi. Lui ad esempio non ha amici né persone con cui andare a prendere un caffè durante la pausa pranzo. Non ha nemmeno più la moglie che nell’ultimo periodo aveva solo portato frustrazione e agitazione nella sua vita.

Eppure resta allo stesso modo stupito quando, catapultato all’interno di una chiesa, nota solo pochissime persone a celebrare il suo funerale. Ah giusto: Wallace Price è appena morto, un infarto a quanto si dice. Pensava che quantomeno la sua ex-moglie avrebbe detto qualcosa di carino su di lui. Insomma, è sempre stato un uomo molto affidabile e meticoloso, due qualità che dovrebbero essere elogiate da chiunque. E invece eccola lì, la donna che una volta amava (ma mai abbastanza) che si sfoga su tutto ciò che lui non è riuscito ad essere in vita. Lasciarlo, sostiene, è stata la cosa migliore che potesse capitare.

E mentre i suoi soci si spazientiscono per una celebrazione che sta durando forse troppo tempo ecco che una testolina mora fa la sua comparsa nel fondo della stanza. E’ una ragazza che, con uno sguardo strano negli occhi, lo sta fissando da quando lui si trova in quel luogo. Effettivamente c’è un motivo: il suo compito è infatti di portare il povero sventurato – che ancora non ha capito di essere totalmente incorporeo – in un luogo che lo aiuterà a comprendere la sua condizione. E non sarà solo.

Questa è la storia di Wallace Price, di un ragazzo dalla pelle color caffè, di un nonno che fatica a lasciarsi il mondo alle spalle, di una ragazza dagli stravaganti gusti musicali e di un cane che è solito fare pipì sulle gambe delle persone per dispetto. E di come si può trovare la felicità anche nella morte.

Sotto La Porta Dei Sussurri – Hugo (sinistra), Wallace (destra)

Non credo che i giri di parole siano adatti quando si parla di un tema così delicato quindi preferisco essere schietta: tutti dovranno morire prima o poi e tutti, almeno una volta nella vita, vedranno qualcuno di caro morire e dovranno quindi fare i conti con il lutto. Un momento di profonda tensione in cui si passa dalla negazione, alla rabbia e solo dopo molto tempo alla vera e propria accettazione. Un momento in cui molte persone si perdono, finendo in un limbo oscuro che forse è molto più straziante della morte stessa.

Molti si chiedono “ma che senso ha vivere se prima o poi si arriverà ad una fine?” e forse il senso sta proprio in quest’ultima parola, fine. Un termine come questo implica un punto d’arrivo, la fase di chiusura di un ciclo in cui si ride, si scherza, si piange e si soffre. Eppure, come già ho detto, noi non sappiamo davvero nulla a proposito della morte. Se c’è una cosa che certi programmi di dubbia veridicità mi hanno insegnato è che quelle poche persone che sono state riportate in vita hanno tutte una cosa in comune: hanno parlato di luce.

E la luce, così come in Sotto La Porta Dei Sussurri, può rappresentare qualunque cosa. Un nuovo inizio, per chi crede nella reincarnazione, un luogo angelico, per chi crede nel Paradiso, la quiete prima della tempesta per chi crede che “polvere siamo e polvere ritorneremo”, ma si tratta pur sempre di qualcosa. Mi piace quindi pensare che qualcosa ci sia, là fuori, e che a prescindere dalla vita che abbiamo vissuto troveremo un posto, una pallida traccia di una famiglia.

L’essenza della morte è data dalla vita stessa. Un momento in cui abbiamo la possibilità di provare emozioni, di costruire reti sociali, di piangere e di urlare. Un momento in cui possiamo semplicemente esistere. Ecco quindi forse il vero scopo di tutto questo: continuare ad essere, qualunque cosa accada. Dire un ti voglio bene in più a genitori, nonni, amici perché non sappiamo quando le lancette dell’orologio si fermeranno. Abbracciare qualcuno, sfogarsi, cercare di rendere la nostra vita il piccolo gioiello che è e dovrebbe essere. Lasciare un’impronta. Non positiva, non negativa, basta che ci sia.

Questo è ciò che ci rende unici, la possibilità di sentire sia con il cuore che con il corpo. Non so cosa ci sia dopo la morte. Ma se esiste anche solo una remota possibilità di poter essere di nuovo felice, voglio che ci sia qualcuno con cui condividere quell’eternità. Voglio poter essere capace di dire:

“Finalmente ci rivediamo.”

“The first time you share tea, you are a stranger. The second time you share tea, you are an honored guest. The third time you share tea, you become family.”

da Sotto La Porta Dei Sussurri

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