Salò o le 120 giornate di Sodoma: un Pasolini traumatizzante

Salò o le 120 giornate di Sodoma, uno dei film più disturbanti del panorama cinematografico che però dà spunto al cinema grottesco contemporaneo su un modus operandi in grado di trasmettere forti emozioni tramite immagini crude e una morale condivisibile contro la violenza e la manipolazione.

Come sono arrivata a vedere questo film è un mistero. Avevo studiato Pasolini, ne avevo studiato la poetica, ne avevamo parlato anche al corso di storia del cinema all’università, sapevo dell’esistenza di questa pellicola e che fosse abbastanza cruda ma non mi aspettavo onestamente niente del genere, soprattutto non mi aspettavo di vederla con gli amici aspettando l’alba a ferragosto. Ma, detto ciò, proviamo ad analizzare insieme questo prodotto semplice ma scioccante.

Salò o le 120 giornate di Sodoma è un film del 1975, ultima creazione di Pier Paolo Pasolini. Avrebbe dovuto far parte della Trilogia della Morte, successiva alla Trilogia della Vita ma Pasolini morì nel ‘75 stesso. Si ispira al libro del marchese Donatien Alphonse François de Sade “Le 120 giornate di Sodoma” e contiene diversi riferimenti letterari e significati. Fu addirittura censurato nel 1976 e rimesso in circolazione nel 1978.

Effettivamente, la pellicola presenta parecchie immagini dolenti, nel senso, non è un film leggero che insegna tramite metafora, è un prodotto drammatico che serve da una parte a suscitare lo scandalo a cui Pasolini si appellava sempre dicendo:

“Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere, e chi rifiuta di essere scandalizzato è un moralista, il cosiddetto moralista”.

In secondo luogo, voleva in un certo senso esprimere il suo disagio personale e la sua visione di una società marcia e spietata, e quindi soprattutto voleva denunciare lo stile di vita e il modo di manipolare dei fascisti, del materialismo e del capitalismo che operavano sulle menti più giovani provenienti da famiglie antifasciste o comuniste.

Il film è suddiviso in quattro parti titolate ispirandosi alla geografia dell’Inferno di Dante: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. I tre “Gironi” in particolare richiamano l’analoga tripartizione dantesca del Cerchio dei Violenti.

Utilizza il numero di de Sade stesso: quattro Signori, rappresentanti dei poteri della Repubblica Sociale Italiana, il Duca (potere di casta), il Vescovo (potere ecclesiastico), il Presidente della Corte d’Appello (potere giudiziario), e il Presidente della Banca Centrale (potere economico), incaricano le SS e i soldati repubblichini di rapire un gruppo di ragazzi e ragazze di famiglia antifascista; dopo una severa selezione, si chiudono con loro in una villa di campagna, arredata con opere d’arte moderna e presidiata da un manipolo di soldati nazifascisti.

Con l’aiuto di Quattro Megere ex meretrici di bordello, instaurano per centoventi giornate una dittatura sessuale regolamentata da un puntiglioso Codice, che impone ai ragazzi assoluta e cieca obbedienza, pena la morte. Le Megere (tre narratrici e una pianista) guideranno le giornate raccontando le proprie specialità sessuali nella Sala delle Orge. Nell’Antinferno i Signori sottoscrivono le norme del Codice con un patto di sangue, sposando ciascuno la figlia di un altro, quindi suddividono le giovani “prede” in quattro gruppi: vittime, soldati, collaborazionisti, servitù. (fonte Wikipedia)

Nel Girone delle Manie, i Signori, eccitati dai racconti feticisti della Signora Vaccari, seviziano i ragazzi e le ragazze. Nel Girone della Merda, affidato alle perversioni anali della Signora Maggi, le vittime vengono costrette ad imparare kink disgustosi. Nel Girone del Sangue, i Signori prelevano le vittime dello strazio finale torturandole come fossero in un girone infernale dantesco, sempre a fini sessuali.

Il film di per sé è geniale ed è anche assolutamente riuscito. Eravamo otto persone in una stanza: chi terrorizzat* letteralmente, chi sull’orlo del vomito, non per l’alcol, ormai smaltito dalla festa, ma dallo spettacolo disgustoso che Pasolini dopo 46 anni ci stava buttando in faccia violentemente. Il regista quindi ha totalmente raggiunto il suo obiettivo e fatto un grandissimo lavoro sotto questo punto di vista.

È un lavoro neorealista, quindi si apre con immagini paesaggistiche quasi documentaristiche, e nonostante una qualità più bassa rispetto magari a lavori felliniani che comunque Pasolini studia, ad esempio, tra i prodotti neorealisti italiani per eccellenza, riesce a suscitare emozioni positive, probabilmente le uniche che si proveranno in contrasto con tutte le altre immagini che lo spettatore vede in cui la violenza la fa da padrona, non solo nei gesti, ma soprattutto nelle parole e nella sceneggiatura, infatti lo spettatore non ha un secondo di tempo in 2h25min per riprendersi, personalmente, principalmente dalle parole scioccanti di donne palesemente traumatizzate e manipolate da un’infanzia violenta.

La recitazione è pessima, probabilmente abbassa il profilo significativo della pellicola, e nonostante qualche stacco di camera troppo netto e poco piacevole recupera sulla fotografia in quanto, nella scelta delle luci e delle ombre, vi è il simbolo di tutte le perversioni che le istituzioni consumano di nascosto dopo averle condannate e giudicate immorali agli altri. Il montaggio e l’alternanza delle inquadrature scenografiche e poi carrelli in primo piano vanno a sottolineare il realismo accompagnato a espressioni che puntano ad esprimere veridicità. Salò e le 120 giornate di Sodoma funziona proprio perché è scritto cruentemente e arriva allo spettatore come un proiettile.

Sicuramente a primo impatto la prima cosa che si pensa è “che merda” (letteralmente, poi capirete, se non lo avete visto). Molti dialoghi sono terribilmente dettagliati, particolari fondamentalmente evitabilissimi perché il messaggio sarebbe arrivato ugualmente, alcuni estremamente ridicoli e superficiali, eppure servono insieme a raggiungere l’obiettivo del regista: turbare e provocare scandalo per imprimere nello spettatore il pensiero sbagliato all’epoca dei fascisti e dei privilegiati in generale che Pasolini criticava.

In conclusione: Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini è un film facile da comprendere ma difficile da vedere per quanto le immagini che ci vengono presentate vanno a sconvolgere e scuotere l’animo e il corpo dello spettatore, toccando le punte dell’horror addirittura, per alcuni. Non è un film dimenticabile, soprattutto perché è collegabile alla psicologia individuale dell’autore e fila perfettamente con la sua personale battaglia contro la censura di quello che era considerato immorale e che veniva comunque compiuto, stiamo parlando proprio della sua esperienza da omosessuale criticata ma tanto praticata dai suoi stessi giudici.

Può essere assolutamente associato e considerato un capolavoro sotto certi aspetti, perché particolare in fondo, non è banale, si vedono raramente prodotti del genere nel cinema, inumano dall’inizio alla fine rappresentante delle oscenità della società, ma è anche fin troppo ricco di dettagli e particolari anche verbali che non lo aprono ad un pubblico vasto, non è un film per tutti, forse nemmeno comprensibile da tutti, alcuni potrebbero solo coglierne i maltrattamenti e vederli insensati, ma è un film che solo pochi impavidi dallo stomaco forte possono accogliere.

Salò o le 120 giornate di Sodoma è un film che rimane impresso nella mente, colpisce crudele e potente e dopo 46 anni ancora è in grado di impressionare il pubblico e pietrificarlo davanti alle brusche violenze che vengono rappresentate. Se siete deboli di stomaco, non è un prodotto opportuno, vi porterebbe solo a stare fisicamente male per il contenuto delle immagini prefigurate, ma se siete abbastanza coraggiosi e alla ricerca di emozioni possenti tanto da vedere elementi disgustosi, immagini di stupri e torture feroci e sentire racconti erotici inerenti, questo film può davvero fare al caso vostro.

Fateci sapere voi cosa ne pensate di Salò o le 120 giornate di Sodoma, se lo avete visto o se avete intenzione di vederlo e seguiteci anche su instagram @nerds_bay