Resto qui

“Resto qui” è un’ode all’immobilismo, che ci fa vedere i pericoli che incombono come qualcosa di non reale…

Con Resto qui Marco Balzano dà voce a coloro che in ogni tempo si ritrovano la quotidianità spezzata dal volere dei potenti, dalle loro ambizioni e dai loro progetti che non guardano in faccia a nessuno, che si disinteressano della sorte di intere famiglie, affinché il loro obiettivo e il relativo guadagno siano raggiunti.

Trina, la protagonista di questa storia, è un personaggio di fantasia che potrebbe però incarnare uno qualsiasi fra gli abitanti di Curon, il paesino dell’Alto Adige che nel 1950 venne evacuato e sommerso per la creazione di un lago artificiale, e di cui adesso è rimasto soltanto lo spettrale campanile della chiesa che emerge dalle acque.

Resto qui

La storia di Trina inizia però qualche anno prima, durante il ventennio fascista che a una comunità di forte identità tedesca impose la lingua e la cultura italiana, solo perché si trovava di qualche chilometro al di qua del confine.

Trina, come altri abitanti di Curon, non vuole piegarsi alle imposizioni di un paese straniero, e da insegnante di lingua tedesca non ha la benché minima intenzione di cambiare lingua e insegnare l’italiano ai suoi studenti. Decide così di tenere lezioni clandestine di tedesco ai bambini della comunità cittadina, finché non si vede costretta a rinunciare a causa delle violente rappresaglie fasciste.

Molti abitanti del paese non tollerano il nuovo regime e fuggono in Germania o in Austria con la speranza che un nuovo movimento nascente, quello del nazismo di Hitler, sappia accoglierli e difenderli dalle prepotenze italiane.

Trina e suo marito, invece, insieme ad altri abitanti di Curon decidono di attaccarsi ancora di più alle loro radici e di rimanere ben saldi alla loro terra, combattendo e resistendo affinché questa venga presto restituita a loro, i legittimi proprietari. Trina racconta la sua storia in prima persona, rivolgendosi alla figlia che per motivi che si scoprono avanti nella narrazione non può vedere né sapere cosa accade a Curon e nel cuore di sua madre. La donna affida al silenzioso e assente ascolto della bambina le sue preoccupazioni più grandi, i suoi dubbi e le sue speranze, la rabbia, la gioia, tutte le emozioni che non può esprimere alle persone che la circondano.

Sullo sfondo delle vicende storiche e private, l’avvento del fascismo e la sua fine, gli avvenimenti che sconvolgono la vita di Trina e le sue decisioni prese col cuore pesante, sottotraccia resta sempre, incombente, il rischio mortale della costruzione della diga.

Gli abitanti di Curon sanno che esiste un progetto per sommergere le loro case ma rimandano al futuro l’arrabbiatura, la richiesta di chiarimenti, la rivolta, tutti presi dalle faccende quotidiane del loro lavoro di pastori, che poi chissà, magari la questione della diga si risolve con un nulla di fatto e la rivoluzione sarà stata solamente uno spreco di tempo ed energie, magari Hitler impedirà ai fascisti di portare avanti il programma, ci sono cose più importanti, anche se i lavori iniziano ci vorranno anni prima che vengano ultimati; e così via finché, una mattina del 1950, Curon non si sveglia con l’acqua fino alle ginocchia.

Resto qui

La rivoluzione inizia quel giorno stesso, ma ormai è troppo tardi, il fiume è stato chiuso, l’acqua non può essere fermata, gli abitanti di Curon devono andarsene.

Per come racconta le reazioni degli abitanti questo romanzo è un’ode all’immobilismo, lo stesso che da sempre alberga nell’umanità, quello stato d’animo che ci fa vedere i pericoli che incombono come qualcosa di non reale o che non arriverà davvero, quando poi invece arriva eccome, ed è già troppo tardi per fare qualcosa.

Per decenni, pur consapevoli che prima o poi la loro realtà avrà una fine evitabile, gli abitanti di Curon mandano avanti la loro vita come se nulla fosse, eseguendo le loro mansioni giorno dopo giorno, anno dopo anno, con la ferma volontà di ignorare il rischio che le case in cui vivono verranno distrutte, anche quando i lavori per la costruzione della diga iniziano davvero: il pericolo è lì davanti, ma si preferisce guardare altrove.

Il titolo stesso del romanzo, Resto qui, esprime bene questo immobilismo ma anche la scelta di Trina, che decide di restare in paese per tutta la sua esistenza, in attesa di tempi migliori, allontanandosi solo quando il rischio di morire è tangibile e imminente, ma tornando appena possibile per riprendere la vita esattamente dove l’aveva lasciata, come un capitano che decide di tornare alla sua nave, almeno fino a quando questa non affonda davvero, sommersa sotto sei metri d’acqua.

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