Sale di mare e lacrime: quando la storia si intreccia alla vita, dal 1800 ai giorni nostri

“Chi siamo noi, debolezza? No, noi siamo forza”. – Sale di mare e lacrime, G. garcia

TITOLO: Sale di mare e lacrime

AUTRICE: Gabriela Garcia

CASA EDITRICE: Harper Collins

PREZZO: 18,05 euro (formato cartaceo), 9,99 euro (kindle)

IL MIO VOTO: ⭐⭐⭐⭐⭐

TRAMA:

Cuba, 1866. María Isabel è la sola lavorante donna in una fabbrica di sigari. Ogni giorno, mentre le sue mani arrotolano incessantemente il tabacco, ascolta le parole di un uomo, Antonio, che legge per loro. Sono parole che la trasportano in mondi sconosciuti, come quello dei Miserabili di Victor Hugo, e che le aprono la mente e il cuore. Ma gli echi della guerra si fanno sempre più vicini…

Cuba, 1959. Dolores guarda il marito allontanarsi verso le montagne. Ha risposto alla chiamata alle armi di Fidel Castro e nella sua anima lei spera che non torni più. Ma se dovesse farlo, Dolores sa che per sopravvivere dovrà compiere una scelta che sconvolgerà il mondo di Carmen, sua figlia.

Miami, 2016. Carmen, immigrata cubana, negli Stati Uniti credeva di ricominciare dimenticando un passato pieno di contraddizioni per offrire alla figlia Jeanette un futuro migliore. E invece il sogno americano si rivela per lei un’illusione, perché ogni giorno ripensa a Cuba e al rapporto di amore-odio con la propria madre, che non vede da anni. La stessa donna che Jeanette, ribelle e in continua lotta contro la tossicodipendenza, vorrebbe incontrare per saperne di più della storia di famiglia e capire meglio se stessa.

Ognuna di queste donne lotta fino allo stremo per la sopravvivenza, fedele alle parole annotate su quel libro di Hugo che si tramandano da generazioni: “Siamo forza. Siamo più di quanto pensiamo”.

Dalle fabbriche di sigari cubani ai centri di detenzione per migranti, passando per la periferia di Miami, Sale di mare e lacrime è un esordio di grande forza narrativa, onesto e bruciante. Con una prosa a un tempo poetica e schietta, Gabriela Garcia ci porta nel cuore oscuro dell’America moderna raccontandoci una storia di diaspora. E di madri e figlie che combattono per innalzare la loro voce dal silenzio in cui sono relegate.

Sale di Mare e Lacrime, romanzo della scrittrice cubana Gabriela Garcia a cura di Harper Collins è stato per me una rivelazione.

Sono sempre stata particolarmente sensibile alle storie di donne, alle storie di indipendenza e di culture lontane dalla mia, ma mai avrei immaginato di poter entrare così velocemente in un mondo completamente diverso da quello in cui sono abituata a vivere.

Sale di mare e lacrime

Seppur le situazioni vissute da queste meravigliose e fragili e forti donne ritratte dalla Garcia non siano poi così lontane da ciò che anche noi, in Italia, continuamente vediamo.

Il sale del titolo è quello delle lacrime versate da Jeanette, Maria Isabel, Dolores, Carmen, Cecilia, Gloria e Ana e il mare è ciò che le separa dalla loro terra, dalla loro famiglia, dalla loro storia. Una storia che però vuole essere raccontata, vuole essere portata fuori.

Sale di mare e lacrime è la voce di chi non ha voce, di chi ha subito tutto il male della vita, ma ha sempre trovato la forza di alzare le spalle e guardare al futuro. Il romanzo non parla però solo di forza, ma anche e soprattutto di debolezza, di umanità nel senso pieno del termine.

Jeanette, la protagonista del romanzo, colei che si racconta nel numero maggiore di capitoli è una sorta di punto di arrivo di questa linea familiare di donne. Lei vive in Florida, a Miami.

All’inizio del romanzo non sappiamo molto di lei: sappiamo che è un’ex alcolista, che vive da sola senza alcun legame e che porta avanti la sua vita giorno dopo giorno. Finchè una notte non sente le sirene della polizia e vede portar via in manette un’altra donna, sua vicina di casa.

Decide perciò di prendere sotto la sua ala la figlia della donna, Ana, cercando di trovare un modo per mettersi in contatto con la madre di questa, Gloria, rinchiusa chissà dove. Ed è così che entriamo nella realtà straziante dei centri di detenzione americani per i profughi irregolari, coloro che devono essere rimpatriati.

Proseguendo nella storia, veniamo anche alla conoscenza della madre di Jeanette, Carmen. Tra le due non c’è un buon rapporto, Carmen sembra una donna tutta d’un pezzo, nobile e curata e forse anche snob, ma nasconde troppi segreti sulla sua infanzia e sul motivo che l’ha spinta a troncare i contatti con Cuba e con sua madre, Dolores.

Scopriremo poi che quest’ultima ha vissuto una vita di abusi e che l’ha portata a compire una scelta difficile e controversa per tentare di avere un futuro migliore per lei e per le due figlie.

Carmen però, non potendo perdonare la madre e non comprendendone le gesta, emigrerà quindi da Cuba, terra natale delle donne della nostra storia, all’America, terra di sogni (infranti) e possibilità (fortuite).

All’interno dell’alternarsi storico dei capitoli, tra vari salti temporali, arriviamo a scoprire anche la travagliata storia della dominazione spagnola su Cuba e della lotta per l’indipendenza, dalla ribellione finita nel sangue di fine Ottocento fino a Fidel Castro.

“Magari potrei raccontarteli. E così capiresti perché ho preso certe decisioni, tipo lottare per tenere unita la nostra famiglia. Forse ci sono in ballo forze che né io né te abbiamo mai preso in considerazione. Forse, se avessi la possibilità di rivisitare il passato e ripercorrere tutte le strade imboccate, saprei spiegarmi il perché: perché le nostre vite hanno preso questa piega?”

SALE DI MARE E LACRIME, g. GARCIA

La prima donna infatti che conosciamo nella sua fragilità è la capostipite, Maria Isabel, unica donna lavoratrice in una fabbrica di sigari.

Mulatta e figlia di coltivatori nelle immense coltivazioni di canna da zucchero della colonia spagnola, trova la sua indipendenza nella potenza delle parole, e nell’ascolto della voce di Antonio, lettore ufficiale della fabbrica che piano piano, attraverso le parole di Victor Hugo e di altri poeti e scrittori creoli come lei, le fa capire l’importanza della libertà e della strenua lotta per avere una voce, la propria voce.

“Pensò a se stessa. All’eventualità che qualcuno scrivesse un libro sulla sua storia. Qualcuno come lei.” Ogni storia è una storia che vale la pena di essere raccontata, ogni persona ha il proprio bagaglio incredibile di forze e debolezze, di coraggio e di determinazione a portare avanti la propria vita, la propria storia. Di affrontare le proprie paure e i propri debiti per l’amore.

SALE DI MARE E LACRIME, G. GARCIA

L’alternarsi di tante voci diverse all’interno del romanzo è scandito non solo dai titoli dei capitoli, che riportano l’anno, il luogo e il nome della protagonista, ma anche dal cambio di registro e di narrazione. Troviamo alcuni capitoli narrati in terza persona al passato, altri in terza persona al presente, altri addirittura si presentano a noi come una sorta di lettera o di diario rivolto a qualcun altro, narrati quindi in prima persona.

Altre volte ancora, sembra quasi che la protagonista rompa addirittura la quarta parete, rivolgendosi direttamente a noi lettori. Seppur io solitamente non apprezzi molto i cambi di registro, ho apprezzato particolarmente questo romanzo corale, questa unione di stili e narrazioni e registri differenti, perché ne ho compreso il significato.

La Garcia vuole farci capire che ogni storia è diversa, che ogni storia ha la sua voce, e non si può affrontare la vita di una persona in modo distaccato anzi, bisogna buttarcisi a capofitto, entrare dentro al cuore di queste donne per poterle comprendere. A fronte di tutti i loro errori, di tutte le loro perdite, di tutte le loro strenue lotte, non puoi che fraternizzare (o sarebbe meglio, se esistesse, sorellizzare) con loro, con le loro vite.

Ti spezzano il cuore, ti entrano dentro e non puoi far altro che restare attonita davanti a queste schegge di vite, a questi preziosissimi cristalli rotti e ricostruiti, ma che in un modo o nell’altro vanno avanti, lottano.

Una storia di rivendicazione silenziosa, in un mondo che purtroppo, oggi come nell’ottocento, in America come in Italia o nel resto del mondo, cerca di minimizzare il ruolo della donna, di marginalizzarla, quando invece si porta dietro un bagaglio enorme e delle responsabilità immense.

“Alle donne cubane: lontane da Cuba, e senza speranza di rivederne mai il sole, i fiori, le palme, a chi se non voi, care connazionali, riflesso della parte più bella della nostra patria, potrei legittimamente dedicare queste tristi pagine?”

SALE DI MARE E LACRIME, G. GARCIA

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