Niente di vero – Recensione

Niente di vero è un romanzo di auto-fiction di Veronica Raimo, anche se entrambe sono parole forti per definirlo… Vediamo insieme perché.

Innanzitutto è necessario chiedersi: in che senso Niente di vero?

Niente di vero, uno dei titoli canditati allo Strega 2022, già a partire dal suo titolo imprime un’impronta caratteristica su tutta la narrazione. Il titolo è, infatti, volutamente ambivalente. Da un lato è come se l’autrice ci stesse dicendo che all’interno della pagine non vi è niente di reale, che non bisogna credere a nulla di quello che si sta leggendo. Dall’altro l’autrice pare giocare con il proprio nome, dicendoci che sì, nel libro vi sarà anche qualcosa di veritiero, ma niente che appartiene a Vero, ossia all’autrice stessa.

Questo tema della verità è il punto cardine intorno a cui si snodano i vari eventi che ci permettono di scoprire la vita della protagonista di Niente di vero, ovvero Veronica, detta Verika, o anche Veronika. Una serie di vicende che accompagnano l’interezza della sua vita, divertenti o meno, ci vengono raccontate legate dal fil rouge dell’impostura, della menzogna, del non detto e del nascosto.

La narrazione è frammentaria. non si ha un discorso continuo e coerente che divida le fasi della vita della protagonista o anche solo i capitoli del libro, ma a legare i vari pezzi del puzzle è una sottotematica comune, che li pone vicini tra di loro.

Lo stile della scrittrice è unico e io l’ho molto apprezzato. Veronica Raimo in Niente di vero ha la capacità di raccontare la crescita e i tormenti che porta con sé, la perdita, l’approccio alla sessualità, ma anche all’amore e ai sentimenti fortissimi dell’adolescenza, la depressione, con uno stile di scrittura che permette al romanzo di farti ridere in tanti momenti diversi, di farti sorridere, di farti riflettere, ma di non farti mai piangere.

Bellissima la figura della madre che chiama tutti gli amici dei figli ogni volta che non sa dove questi si trovino e poi fa un secondo giro di telefonate per comunicare che i figli sono sopravvissuti e sono stati ritrovati sani e salvi, tanto che la frase “C’è Francesca la telefono” diventa un inside joke tra amici per uscire da situazioni imbarazzanti, come quando qualcuno è troppo fatto e deve passare la canna o quando un ragazzo è molto bello, ma un po’ tossico, le amiche se ne escono con frasi del tipo “Mi piace eh, ma c’è Francesca al telefono.” Stupenda questa capacità di rendere estremante reali queste situazioni che, forse, reali non sono.

E Zerocalcare, cosa c’entra?

Einaudi promuove Niente di vero con una frase di Zerocalcare che dichiara che Veronica è l’unica autrice contemporanea in prosa ad averlo fatto ridere e mi è chiaro perché. La Raimo fa con il suo Niente di vero quello che Zerocalcare fa con i fumetti: ci presenta le sue (o no) ossessioni e paturnie, facendoci sentire meno soli e senza buttarci addosso un peso, ma anzi, facendoci sentire più leggeri.

Ho avuto il piacere di ascoltare l’autrice anche dal vivo, e posso dire che è esattamente come ce la immagineremmo leggendo le pagine del suo libro. Caratterizzata da un umorismo sagace e da una certa timidezza, ci ha parlato anche della scelta del titolo che secondo me è uno dei migliori che ho avuto l’occasione di leggere negli ultimi anni. Davvero un libro ben riuscito che continuo a tutti i lettori.

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