Limite Bianco- Recensione

Limite Bianco è un romanzo intenso e toccante, che parla di razzismo, discriminazione, bullismo; che racconta che cosa sia necessario fare per inseguire i propri sogni.

Di Limite bianco mi ha colpita innanzitutto il fatto che, per una volta, sembra che sia giunto alla mente di qualcuno che anche l’Italia è una realtà multietnica e che il razzismo, anche qui, è un grave problema.

Il romanzo narra la storia di Carl Giovannini, un ragazzo di colore adottato, nel 2009, da una famiglia bianca. Mentre il ragazzino subisce le angherie dei compagni di classe e scopre un talento nella corsa, noi veniamo a conoscenza anche della vita che sta conducendo suo padre, Achille, a causa della condotta del suo capo, spesso non propriamente legale.

Limite Bianco è diviso in due diverse linee temporali, la prima parte racconta l’infanzia di Carl, il bullismo subito a scuola e le mansioni che Achille ricopre nel grande pastificio di Giorgio Pagri. La seconda parte, invece, racconta i vent’anni di Carl, a partire da un trauma specifico che il ragazzo deve affrontare.

Passano circa otto anni tra la prima e la seconda parte, che mi è piaciuta meno, temo perché il tema del razzismo, a questo punto, assume una declinazione diversa, che mi interessava meno indagare. Inoltre, la seconda parte inizia con un comportamento di Carl che non sono riuscita del tutto a spiegarmi, temo a causa del fatto che ci sia, appunto, un salto temporale tra la prima e la seconda parte.

Descrivendolo in pochissime parole Limite Bianco è un romanzo che racconta una famiglia, che può sembrare per certi versi atipica, ma che in realtà non lo è più di tante altre. Mi è piaciuto il fatto che le storie di padre e figlio si intersecassero e si alternassero, facendoci comprendere il legame che li lega, anche se il padre è spesso lontano.

Mi è piaciuto meno, invece, che non fossero mai indagati a fondo i sentimenti che questa lontananza suscita in Carl, figlio adottivo che in certi momenti iniziali sembra essere pervaso anche dalla gratitudine nei confronti dei suoi genitori adottivi, ma per cui, come tutti i figli, nutre anche un certo rancore. A causa, credo, della scarsità di pagine a disposizione questo aspetto non è stato indagato, lasciandomi un po’ insoddisfatta nella mia ricerca psicologica.

Come sicuramente avrete intuito, i personaggi principali sono caratterizzati molto bene, anche se mi è un po’ dispiaciuto non poter entrare di più nella mente di Carl nella parte che racconta la sua infanzia. In ogni caso, anche se si tratta di un romanzo abbastanza breve, i personaggi sono sicuramente un punto forte. Lo stesso, però, non vale per i personaggi secondari, penso in particolar modo a Giorgio Pagri, che sembra quasi una macchietta, e alla madre di Carl, che invece è, sicuramente, un personaggio forte, originale a unico, ma che sembra voler essere approfondita nella prima, mentre nella seconda, quando il personaggio diventa più sfaccettato e interessante, mi sembra che venga, al contempo, lasciato andare.

Lo stile di scrittura è sicuramente buono, la scrittrice è indubbiamente talentuosa, ma ogni tanto ho trovato che il lessico fosse un po’ troppo forbito in rapporto a quello che veniva raccontato. Devo dire che questo aspetto è quello che mi è piaciuto meno di tutto il romanzo. Sono certa che se fosse stato scritto con uno stile che più si avvicina agli avvenimenti trattati mi sarebbe piaciuto ancora di più. D’altro canto mi rendo anche conto che questo è un giudizio personalissimo, in quanto non posso fare critiche oggettive sulla scrittura di Limite Bianco, ma mi sto semplicemente limitando a esprimere un’opinione.

In ogni caso il romanzo mi è piaciuto, ho particolarmente apprezzato il fatto che si tratti di una storia originale, diversa da quelle sentite già troppe volte.

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