Lettere a un racconto – Alda Merini

Lettere a un cuore senza maschere

Lettere a un racconto – Alda Merini (ed. BUR Rizzoli contemporanea)

Pubblicato per la prima volta nel 1998 e intrinseco di uno stato confusionale meravigliosamente poetico, “Lettere a un racconto” di Alda Merini è un insieme di poesie e versi in prosa, ma soprattutto una raccolta di lettere scritte e mai inviate a destinatari veri o a fantasmi immaginari, echi di vite lontane o mai vissute. Lettere in cui, in realtà, la scrittrice sembra quasi sempre rivolgersi al suo cuore, alla sua persona.

In una serata un po’ buia, colma di nostalgia e solitudine, Alda mi chiamava a sé con questo libro, e le sue parole, come sempre, si sono rivelate un balsamo per l’anima; la passione con cui scrive, una cura alle mie ferite. In particolar modo, han fatto breccia nel mio cuore alcune osservazioni presenti alle pagine 31 e 32. Nella prima l’autrice si interroga sui motivi che portano l’uomo a non voler abbandonare il ricordo di un amore con cui si son condivisi momenti di sincera intimità, giungendo alla conclusione che la memoria non vuole dimenticare alcune emozioni (o forse dovrei dire persone?) semplicemente perché queste ultime son state tanto travolgenti da non potersi proprio permettere di lasciarle andare.

“Il coito e le frenesie amorose valgono molto ma bisogna chiamarli con i loro nomi: momenti, esaltazioni, e scambio di ormoni.

Sì, succede anche nel mondo animale, che si scambino gli ormoni, ma l’uomo può, per uno scambio di ormoni casuale, diventare pazzo, perché perde non la ragione: perde il cuore. Siccome però non si può rimpiazzare un ormone con un altro ormone, come si fa a dire a qualcuno che non si può più vivere senza quella persona? O è un puntiglio della ragione? Perché un uomo o una donna che ci hanno delusi non possono venire prontamente rimpiazzati? Perché si preferisce andare in casa di cura o addirittura morire? Forse è perché l’uomo, nell’amore e anche nel godimento di un qualsiasi senso, va cercando disperatamente la morte.

Non è il senso ad averci inchiodati alla memoria: è la memoria che ci inchioda al senso. Non si capisce bene come mai la mente non riesca a volare più in alto e a dimenticare il ricordo. Forse succede perché in quel ricordo c’è stato sì un grande dolore, ma ci sono stati momenti di tale rapimento ed estasi che non li vogliamo proprio dimenticare.”

Pagina 31

Nella seconda, invece, l’amore e la letteratura vestono gli stessi panni. Entrambi se non compresi e conclusi subiscono una frattura difficilmente risanabile. E verso entrambi è tangibile, anche se scritta semplicemente su carta, la passione sviscerale provata dall’autrice.

“Lascia allora che ti spieghi la differenza che c’è tra amore comune e amore immortale. L’amore immortale è quello di cui ha avuto pietà anche Dante. Più feroce del peccato è infatti colui che uccide i due amanti, perché il peccato non va solo compiuto, va compreso; perché un libro non va solo letto, va anche capito; e perché quando un libro non è capito e un amore non è concluso, si ha il più grande tradimento della storia.”

Pagina 32

Quest’opera, in fondo, altro non è che il risultato di un insieme di riflessioni che involontariamente hanno generato un testo biografico in cui l’autrice racconta sé stessa senza maschere. E probabilmente è proprio questo ciò che più amo di Alda Merini, il suo intimo cuore: spoglio di bugie, ma ricco di passione. Quest’ultimo non sente la necessità di creare intorno a sé dei muri, anzi, possiede il dono (o forse il difetto, dipende dai punti di vista) di amare smisuratamente, anche quando mortificato, distrutto, raso al suolo.

Un libro che consiglio caldamente agli amanti, ai sognatori, a tutti coloro che in qualche modo son stati vittima di un sentimento intenso. Mai potrete sentirvi compresi e al sicuro come fra le parole di questa grande poetessa.


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