La Casa di Carta – Stagione Finale Parte 5

Dalla rabbia alla gioia, la trascinata fine di una bellissima serie.

Ci siamo, dopo tempo, attese, ben 5 stagioni e 41 episodi ha trovato la sua conclusione una delle serie più acclamate di sempre, La Casa di Carta. Una serie che ha lasciato tutti con il fiato sospeso per intere stagioni, passando da episodi più forti ed intensi ad altri più sdolcinati e teneri; ci ha reso tutti un po’ “partigiani”, rivoluzionari per un mondo privo di dittature, sognatori disillusi in un mondo in cui chi ha tutto vuole sempre di più, a discapito degli altri.

Questa serie ci ha insegnato come sia facile essere dalla parte sbagliata del mondo, come sia facile oltrepassare il limite della legalità, quanto si possa spingere in là un uomo con il solo intelletto e nessuna esperienza.

La Casa di Carta

Una serie che ci ha coinvolti da vicino, che ci ha fatto dire “forse in fondo non è sbagliato” o anche “ma se le cose stanno così non è difficile”; e forse, in fin dei conti ci ha spinti anche a sognare di far parte di un’avventura così straordinaria, cruenta, violenta ma allo stesso tempo così profonda e personale dando ad ogni suo personaggio un ruolo unico in questo disegno machiavellico, non più un solo protagonista ma tutti, non più una storia surreale ma una storia che potrebbe addirittura dare lo spunto (e questo il limite del genio) alla realizzazione di una rapina così grande, dalle proporzioni immense.

Resta il fatto che questa è solo invenzione, solo una serie su di un gruppo di persone che nel bel mezzo della loro disastrata vita vengono ingaggiate ed istruite da un “professore” del crimine, un uomo che ha dedicato la sua vita a realizzare la rapina perfetta, sulla scia dei sogni del padre perso troppo presto, ma che poi lo porta a scontrarsi con tutto quello che aveva previsto… ed anche a tutto quello che non si aspettava.

Del resto non si può pensare a tutto, e questa serie prova a farci credere che sia possibile prevedere e prevenire ogni mossa, come in una grande partita a scacchi, dove ogni pedina va mossa ad arte e senza titubanze; spingendosi sempre più vicini all’obiettivo e mettendo l’avversario sotto scacco. Ed è così che ogni movimento, ogni azione, ogni reazione diventano come una pennellata su di una tela bianca, che alla fine e solo alla fine riescono a dar vita ad un’opera d’arte che ci è concesso solo di osservare.

Tokio

Proprio per questo a noi spettatori ci è parso di non poterne mai fare a meno de La Casa di Carta.

Va detto che in alcuni episodi de La Casa di Carta (o La Casa de Papel) la storia portava a pensare ad una forzatura, come a voler incastrare eventi e reazioni sino ad allora non ancora programmati nella sceneggiatura; spesso l’impressione è stata di voler dare allo spettatore una serie di episodi per farlo appassionare, ed in base alla loro reazione decidere se e come proseguire. In questo modo la storia che si è delineata non è stata del tutto coerente o completa in ogni punto, ma ci ha comunque fatto appassionare.

Del resto, se si è riusciti ad ottenere un così grande successo con sole 5 stagioni (in realtà le storie di fondo fanno pensare a sole 2 stagioni) allora tutto questo ha ben ottenuto quanto sperato.

E se devo dirla tutta quest’ultima stagione de La Casa di Carta ha fatto sì che si potesse scrivere finalmente la parola fine a questa lunga avventura. Perché sì, si è trattato di un’avventura. Sia per noi sia per i protagonisti.

La Casa di Carta

Ad ogni modo va detto che questi ultimi 5 episodi de La Casa di Carta ci hanno dato un finale un po’ stretto, non dico forzato ma mi è arrivata l’impressione che si sia concluso tutto troppo presto, chiudendo con soli 2 episodi tutta la storia, che invece nelle ultime parti (4 e 5) è durata ben 2 stagioni e 26 episodi. Dopo tutto questo tempo ci meritavamo un finale più omogeneo e non concentrato in 2 episodi. Peccato perché la parte 5(ultima) era iniziata alla grande, portando in evidenza come la rapina si stata stravolta dagli eventi (stranamente non accaduti nella prima rapina) e come alcuni personaggi così amati non siano poi così intoccabili o eterni.

Mi è piaciuto molto anche lo spostare gli eventi della storia in luoghi nuovi e così “domestici”, perché così facendo, a parer mio, hanno reso la narrazione  ancora più vicina a tutti noi. Peccato però per alcune ultime evoluzioni, troppo irreali e assurde, dove con un semplice bigliettino si può cambiare tutto rendendo grottesco un piano furbo e inaspettato, come se 2 parole possano far cambiare idea rispetto a 90 tonnellate di oro. Non lo vedo possibile.

La Casa di Carta

Perché terminare così una storia lunga e travagliata come questa?

Perché portare il tutto ad un finale frettoloso e forzato sotto molti aspetti?

Questi e tanti altri quesiti mi perseguiteranno per molto, fatto sta che la storia a mio avviso si poteva concludere con qualche episodio in più, fornendo una linearità temporale più coerente e facendo sì che noi spettatori ricordassimo un finale degno di essere chiamato tale. Cosa che sotto molti aspetti non è avvenuto.

Ma parliamoci chiaro, per gli appassionati di serie qualsiasi finale non è mai pienamente appagante, forse perché ne aveva un altro già nella sua testa.

Chi può dire con convinzione che il finale di questa o di quell’altra serie lo abbia realmente soddisfatto?

La verità  è che non ci accontenteremo mai; di nessun finale, come non ci accontenteremo mai del numero  di episodi necessari a chiudere una storia. Siamo fatti così, esigenti e mai contenti, un po’ come Tokio, che aveva amore e soldi ma si è voluta spingere oltre, stravolgendo tutto e cambiando la storia.

La Casa di Carta

Quindi tralasciando l’insoddisfazione cronica del series’ addicted che è in me voglio dire che questi 5 episodi sono stati, riflettendoci, un buon modo per concludere questa storia; sicuramente sembreranno pochi; ovvio che gli ultimi 2 potevano essere meno frenetici, ma dobbiamo anche saper apprezzare quando si giunge ad una conclusione e soprattutto accettare il fatto che qualsiasi cosa è destinata a finire, soprattutto le serie.

E ancora, fare tesoro del fatto che possiamo continuare a ricordare ogni personaggio, evento, luogo ed emozione anche solo canticchiando una canzone diventata ormai sempre più un inno alla resilienza.

“Una mattina mi son svegliato,

oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!

Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor.”

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