La Casa di Carta 5 parte prima

La Casa di Carta, recensione della prima parte della quinta stagione.

La Casa di Carta

ATTENZIONE: SPOILER ALERT (ne sono libere le conclusioni finali)

Da qualche tempo sono usciti sulla piattaforma Netflix i primi episodi della quinta stagione del prodotto più sopravvalutato di tutti i tempi, ossia della famosissima serie La Casa di Carta. In questo articolo ci occuperemo solo dell’ultima parte, ma la riprenderemo insieme analizzandola in toto più in là e spiegandovi perché ho utilizzato l’aggettivo “sopravvalutato“.

La trama di questa quinta stagione si apre con i drammi che abbiamo lasciato alla fine della quarta tra perdite, errori del colpo e problemi personali. I protagonisti Tokyo, Rio, Denver, Stoccolma, Helsinki, Lisbona, Bogotá, Manila e Palermo sono rinchiusi nella Banca di Spagna da più di cento ore con gli ostaggi, tra cui l’ormai onnipresente Arturito che fa scoppiare una ribellione interna, non tanto per salvare tutti i sequestrati, quanto più per vendicarsi su Denver per avergli “rubato la donna”, cioè Stoccolma, al primo colpo alla Zecca di Stato.

Il Professore ha le mani legate ed è senza piani di fuga perché è a sua volta ostaggio di Sierra, che però ricordiamo non avere più il suo incarico da ispettrice nel caso. In tutto ciò la nostra banda dovrà sistemare la questione dello spietato fascista Gandìa e l’entrata in scena di un nuovo ulteriore nemico che mette in campo il Colonnello Tamayo come rinforzo: l’esercito, i militari, a quanto pare i più folli di tutto il paese. Questa trama principale è sempre alternata a dei flashback che vedono Berlino come protagonista.

Partiamo parlando dei punti di forza della prima parte della stagione, che sono veramente pochi. Innanzitutto, la presenza di Miguel Ángel Silvestre, il Lito di Sense8, che oltre ad avere una bella presenza è uno dei pochi professionisti su questo set. Un secondo punto a favore cdedo sia proprio il fatto che trattiamo della prima parte della fine di tutta lo show. Parliamoci chiaro, non è minimamente la serie eccelsa che lo spettatore medio di Netflix vuole far passare, anzi, tutt’altro, non ha solo errori nella scrittura ma anche nella tecnica di produzione ed è proprio ciò di cui parleremo in un secondo articolo.

L’ideatore, Alex Pina, ha voluto allungare un brodo che aveva già stancato finito il colpo alla Zecca, quindi è giusto che si arrivi al termine e possiamo dire che tutti i tasselli e gli avvenimenti di questa prima parte, portano a mettere un punto all’intera serie, come i flashback dell’inizio della storia e della vita di Tokyo, che nasce come protagonista, anche se sicuramente ne usciranno altri prodotti a causa del successo, immeritato, lo ribadisco, che ha riscosso, che sia uno spin-off o un film che ci presenti un secondo punto di vista.

Altro punto di forza è il tema sociale che ci accompagna dalla prima stagione e che in quest’ultima parte è ancora più accentuata da uno specifico discorso che fa Bogotà a Gandía, che come sappiamo dalla stagione precedente è un personaggio infimo, un fascista, un omofobo, un razzista, un misogino maschilista, e simboleggia la ribellione degli oppressi contro gli oppressori, la battaglia dei discriminati contro i privilegiati discriminatori.

Ma detto ciò: quali sono invece gli errori di questa stagione? Dove pecca La Casa di Carta? Beh, fondamentalmente i problemi di questa stagione sono i problemi di tutta la serie. Si mette tutto in tavola, si aggiungono problemi fatti sembrare insormontabili a problemi che in precedenza erano sviluppati alla stessa maniera e che invece adesso sembrano quasi innocui e risolvibili, come farsi un taglietto con un pezzo di carta.

Si crea un’accozzaglia di infromazioni che rendono poco fluida la narrazione e che di base vengono anche narrate male. Vediamo una scena che nello specifico mi è rimasta molto impressa per quanto è ridicola e da l’impressione che la sceneggiatura sia stata scritta da un bambino di sei anni. La sequenza vede Tamayo e Ángel Rubio come protagonisti e mentre si discute di come salvare delle persone all’interno di un edificio con dei rapinatori armati fino al midollo senza infrangere la legge, come dice Rubio, il colonnello Tamayo gli risponde facendogli un verso che lo spettatore sicuramente non si aspetta nella sceneggiatura di un così tanto decantato capolavoro.

Un ulteriore aspetto che non quadra del tutto è la convivenza tra il Professore e Alicia Sierra. Quest’ultima conserva sì il suo orgoglio ma sembra addirittura cedere alle parole di convincimento del Professore, cosa che fondamentalmente ci aspettavamo dall’ispettrice Raquel Murillo, ma non da Sierra, anzi, tutto il contrario dato il suo carattere testardo, risoluto, difficile da spezzare. E se effettivamente Sierra passasse dalla parte dei rapinatori, cosa che questo tipo di rapporto pare preannunciare, non risulterebbe un lieto e soddisfacente colpo di scena quanto più un irrealistico evento per come era stato presentato il personaggio e anche ripetitivo perché lo abbiamo già vissuto con Raquel, diventata Lisbona.

Inizialmente viene da pensare che tecnicamente, regia e montaggio si siano evoluti. Si utilizzano sequenze e modalità di ripresa diverse ma purtroppo, durante le vere e proprie battaglie armate ne La Casa di Carta, specialmente in questa stagione che volve tutto su una componente action, ci si accorge che la rappresentazione registica, a lungo andare, risulta storpiata nella sua superficialità.

Infatti, è tutto così esageratamente pieno che, soprattutto in questo colpo, riporta il pensiero ad una guerra in trincea che si ferma lì, non va oltre. Le riprese, i movimenti degli attori, il montaggio e la soundtrack di sottofondo, addirittura, hanno la struttura di un trailer di un film d’azione alla Fast&Furious, sembra incompiuta, appare quasi a  fare solo tanto rumore per poi vedere dei risultati un po’ campati in aria, è tutto così poco realistico, va oltre l’immaginazione e la fisica addirittura di F&F.

Infine, l’ultimo tassello del puzzle che, tra l’altro, non è ancora stato incastrato in questa prima parte della stagione, è la presenza di Berlino in questi flashback che momentaneamente sembrano un po’ messi lì per dare una parte al tanto amato personaggio e poco collegati anche alla psicologia dei personaggi nel presente. L’unico collegamento che al momento potrebbe venire in mente è la sconvolgente somiglianza della compagna Tatiana e Alicia Sierra, il che potrebbe effettivamente essere un buon plot twist che però, per una stagione finale, sarebbe probabilmente difficile da sviluppare senza lasciare aperta la questione.

Puntare sulla presenza non diretta e più frequente di Nairobi, in qualche modo, anche se fan service, avrebbe avuto più senso e si sarebbe potuto collegare più logicamente a determinati tragici avvenimenti, e invece questa figura, che probabilmente è tra le più importanti nell’intera serie de La Casa di Carta per tutti i personaggi ancora presenti, viene quasi messa da parte per comparire superficialmente, senza darle il minimo di spessore che, in realtà, si meritava.

Per concludere, questa prima parte della quinta e ultima stagione de La Casa di Carta è totalmente coerente con la produzione delle precedenti. La struttura narrativa è sempre la solita, non vi è evoluzione, gli errori sono sempre gli stessi e non la si può neanche considerare barocca perché i dettagli non vengono per niente curati ma lasciati a se stessi. La componente d’azione poteva essere rappresentata molto meglio con la tempistica ad episodio che avevano a disposizione, e invece è praticamente solo un trailer che fa rumore.

Per quanto mandi dei buoni messaggi sociali in questa stagione vengono quasi solo nominati, non vi è uno sviluppo vero e proprio così come non vi è nemmeno nella caratterizzazione di personaggi come Rio, ad esempio, o anche Palermo, che avevano tanto parlato nella stagione precedente e che in questa hanno avuto si e no un paio di frasi, irruenti, insensate e recitate poco professionalmente che appesantiscono solo il clima già drammatico sfociando completamente in una telenovela.

La seconda parte della stagione uscirà il tre dicembre di quest’anno sulla piattaforma streaming Netflix, la aspetteremo senza alcun tipo di aspettativa, ma in cuor nostro sappiamo già che se un prodotto nasce e prosegue con questo livello di trash e illogicità non può che finire allo stesso modo.

Fateci sapere voi cosa ne pensate di questa prima parte di La Casa di Carta stagione cinque , se l’avete già visto o se avete intenzione di vederlo e continuate a leggerci e seguiteci anche su instagram @nerdsbay.