Intervista a Serena Venditto

Ho potuto parlare con Serena Venditto. Tra lavoro e hobby, scopri cosa ci siamo detti!

Serena Venditto, autrice di Grand Hotel

Serena Venditto, autrice di Grand Hotel, è una delle chicchette che abbiamo in servo per i nostri lettori. L’autrice ha già potuto pubblicare altri libri prima di questo, collaborando con Case Editrici come Mondadori e Homo Scrivens.

Scopri cosa ci siamo detti con Serena Venditto

Il gatto che compare nei tuoi romanzi, Mycroft, c’è qualche richiamo a Sherlock Holmes? Sei fan della serie?

«Mycroft è un chiaro omaggio al fratello di Sherlock Holmes. Il fratello considerato più intelligente. Compare in alcuni episodi e trascorre le sue giornate al Diogenes Club dove vige la regola del silenzio.

Dove Sherlock va ad interrogarlo per casi complicati. Un personaggio molto intelligente, pigro ma pronto ad intervenire quando necessario. Sì, sono una grandissima fan dei libri di Conan Doyle e delle serie

Hai mai pensato di scrivere di un altro genere? Oltre la tua prima Commedia.

«Sì, mi piacciono altri generi e ogni tanto penso di ri-scrivere su altro. Ma sai, il giallo è un genere molto codificato ed è per questo che mi piace. Ti da la possibilità di parlare di tante cose. Puoi parlare di una saga familiare, un intrigo amoroso… non c’è nessuna esclusione inerente all’animo umano. Valorizza tanti aspetti e lo trovo accogliente per raccontare tanti aspetti della vita

Praticamente una propensione verso il giallo?

«Sì, il giallo è il genere che preferisco perché è un gioco con il lettore. Lo amo molto da lettrice e mi piace scriverlo. Non mi piacciono i gialli sanguinolenti. Preferisco gli enigmi alla Sherlock Holmes, Rex Stout, Agatha Christie.

Quest’ultima penso sia una maestra del genere, perché gioca con gli indizi e da la possibilità di immedesimarsi e ricostruire un evento. Tanto che uno dei protagonisti del mio romanzo è un’archeologa, proprio come me che lo sono di formazione.

Mi piaceva l’idea di replicare nell’investigazione quelli che sono i meccanismi della ricerca archeologica. C’è una serie di tracce lasciate da un’azione, che poi vengono a posteriori utilizzate nella logica inferenziale.

Che si tratti di ricostruire la stratigrafia di una tomba del III secolo Avanti Cristo o l’omicidio di una persona trovata morta la sera nel suo appartamento, non cambia la metodologia d’indagine ma il lasso di tempo che intercorre nelle indagini

Parlaci di te. Com’è Serena fuori dallo scrivere e quali sono i suoi hobby?

«Sono, come detto, di formazione archeologa. Sono laureata in lettere classiche, mi sono specializzata e ho fatto un dottorato in archeologia. In particolare mi sono occupata dell’iconografia di Medea. Quindi sono un’iconologa di formazione. Sono arrivata all’archeologia perché, sostanzialmente, mi piacciono le cose belle. Ho questa debolezza.

Lavoro al museo archeologico da quasi 23 anni. Tra i miei hobby c’è leggere, è la mia attività preferita. Anche più di scrivere. Amo cucinare, viaggiare, giocare con il mio gatto e sono molto curiosa. Mi piace fare cose nuove, questa è la mia particolarità

Hai programmi futuri o idee per qualche libro? Se puoi parlarne.

«Ho varie idee, varie cose che potrò annunciare a breve tra i miei progetti letterari. Per il momento non posso dire tanto. C’è una cosa che posso dire: sto curando la nuova edizione di un romanzo di Wilkie Collins, famoso per la “Pietra di luna” e “La donna in bianco”. Il padre del poliziesco in Inghilterra e sarà pubblicata con Homo Scrivens. Poi tante altre piccole, grandi cose che spero vedranno la luce a breve.»

È un momento di sofferenza per le materie prime e anche l’editoria ci sta rimettendo. Pensi che il digitale sia una soluzione? Quali sono le tue impressioni a riguardo?

«Sicuramente il digitale è una buona risorsa. Perché da la possibilità di leggere ovunque, è meno impattante dal punto di vista ambientale. Io purtroppo però non riesco a leggere in digitale, sarà anche per educazione al cartaceo. Io penso che si resterà su carta, non vedo a breve una supremazia dell’e-book sul cartaceo. Anche nelle nuove generazioni, vedo più cartacei.

Vi sono anche tanti delle vecchie generazioni, magari con problemi di vista, che possono leggere sull’e-book. Anche questi ultimi hanno, però, libri nelle loro librerie. Vedo più facile la vendita dei cartacei, nonostante per le Case Editrici sia più semplice per i nuovi autori vendere e-book. Personalmente non riesco, purtroppo. Non vedo la possibilità tra 10-20 anni uno squilibrio così marginale tra cartaceo e digitale.»

Serena Venditto e Mycroft

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