Il priorato dell’albero delle arance

L’armatura che portate durante il giorno è così pesante che di notte dovete liberarvene. Di notte tornate ad essere fatta di carne. E persino la carne di una regina è vulnerabile alla paura.” – Il priorato dell’albero delle arance

il priorato dell'albero delle arance
Il priorato dell’albero delle arance

Un fantasy diverso da quelli a cui siamo abituati, senza dubbio. Se “Il signore degli anelli” -o almeno la sua trasposizione cinematografica- non vede neanche una scena in cui siano presenti due sole donne, ma anzi la predominanza maschile svetta in tutte le conversazioni della saga, di certo “Il priorato dell’albero delle arance” scalza questa tendenza e la ribalta totalmente.

Finalista del premio Lambda Literary per la categoria LGBTQ+, la stessa autrice Samantha Shannon tiene a ribadire l’assoluto egualitarismo che in queste pagine è riservato agli amori eterosessuali e a quelli omosessuali: quasi stupisce noi bigotti abitanti del XXI secolo vedere come re e regine, ancelle e sguatteri, tutti possano liberamente scegliere se sposare una persona del proprio sesso o di quello opposto, senza alcun pregiudizio da parte della società in cui vivono. E raccontare questo, se vogliamo scalzare il pregiudizio anche dalla società reale che viviamo noi, è molto importante.

Nonostante la giusta prepotenza con cui le relazioni omosessuali sono rese (finalmente!) possibili nella letteratura fantasy, sul piano della descrizione dei rapporti sessuali l’autrice sembra essere ancora molto pudica; non vogliamo assolutamente renderci colpevoli di voyeurismo, ma termini come crepuscolo rugiada a definire gli organi sessuali non sembrano adatti ad un contesto che vuole la libera espressione del sesso, eterosessuale o omosessuale che sia. In ogni caso, la tematica LGBTQ+ è affrontata bene: tifiamo tutti, durante la lettura, a favore delle coppie che dimostrano di amarsi senza badare al sesso o allo stato sociale dell’altro.

Il priorato dell’albero delle arance

La critica ha invece evidenziato la carica femminista di questo libro, tema che invece, per come me lo aspettavo, mi ha delusa. I posti di potere, nel mondo della Shannon, sono per lo più occupati da donne: forti, intraprendenti, malvagie, viziate, dai mille colori e mille sfumature che la psiche umana può contemplare. I problemi più ardui vengono risolti dalle donne, che in questa storia sembrano essere superiori al genere maschile. Già, perché gli uomini, in questa società, sono servi o aiutanti, troppo spesso inetti e facili da raggirare, anche nei casi in cui ricoprono alte posizioni e in un modo o in un altro si rendono utili a superare un ostacolo.

Dunque, sembra proprio che il mondo che leggiamo sia uno specchio riflesso del nostro, con le stesse dinamiche ma a ruoli invertiti. Mentre qua alle donne non è permesso il potere decisionale, lì è tolto agli uomini; mentre qua le donne sono relegate al ruolo di serve ubbidienti, lì sono gli uomini a “pulire la casa”. Ecco, una storia che dimostrasse che solo mediante la parità di ruoli è possibile raggiungere gli obiettivi comuni e superare le Ere Dolenti sarebbe parsa molto più femminista di una che, a ruoli invertiti, mostra il predominio di un sesso sull’altro.

Il ritmo della trama è vario, a tratti lento e descrittivo, a tratti incalzante, forse troppo. Alcune delle scene di questa seconda categoria scalano la climax della suspense, ci lasciano senza risposte per la sorte dei personaggi alla fine di un capitolo, e poi il capitolo successivo si apre ad ostacolo già superato, con una breve sintesi sul modo in cui il personaggio in questione si è salvato la pelle. Non è molto onesto verso la voglia di sapere che un lettore tenta di soddisfare.

Questo è uno dei pochi fantasy monolitici e con una storia che si chiude in un’unica copia, ma c’è da dire che avrebbe avuto senza problemi tutti i requisiti per trasformarsi in una saga. Sono tante, tantissime le potenzialità non sviluppate, molti i personaggi presentati come se fossero destinati ad avere un ruolo importante nella trama e poi spariti, abbandonati e ridotti a comparse, per cui ci si chiede “che senso ha avuto?

Il priorato dell’albero delle arance

Davvero tanti, inoltre, i fatti accennati e mai approfonditi, come l’onnipresente tema del millenario scontro tra religioni che si trasforma agilmente in una dimenticabile scaramuccia infantile nel momento in cui queste religioni devono collaborare per un bene superiore, con i più strenui sostenitori dell’una e dell’altra che accettano passivamente la scoperta che la loro fede è sempre stata una menzogna; ne accettano la demolizione senza un vero dibattito tra ideologie: probabilità davvero infinitesima in un mondo che basa tutto, anche i rapporti commerciali, sull’aderenza a uno o all’altro credo.

Il priorato dell’albero delle arance

Ma nonostante tutto, nonostante la miriade di difetti, questa è una storia davvero avvincente, e credo che proprio in questo risieda la bravura della scrittrice: nell’indurre il lettore a voler continuare fino alla fine, a scapito della grandi falle che durante la lettura si scoprono. Nell’indurre a voler passare sopra a qualsiasi mancanza perché la trama del libro è troppo coinvolgente per non essere letto tutto d’un fiato. Raramente ho provato emozioni così contrastanti durante una lettura, e questo per chi scrive è un grande merito, il riuscire a far odiare e amare a un tempo e da una medesima persona il proprio libro.

Insomma, se cercate una lettura semplice, emozionante e che vi trasporti letteralmente su un altro pianeta, questo libro è esattamente ciò che fa per voi.

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