Il caso Alaska Sanders – Recensione

Il caso Alaska Sanders, l’atteso ritorno di Joel Dicker e, soprattutto, di Marcus Goldman.

Dopo “L’enigma della stanza 422” Joel Dicker torna a scrivere le vicende dello scritture americano Marcus Goldman nella sua ultima opera “Il caso Alaska Sanders”, sequel ideologico, ma anche per quanto riguarda la storyline della vita di Marcus, dell’acclamatissimo La verità sul caso Harry Quebert e prequel de Il libro dei Baltimore, che racconta la storia di parte della famiglia di Marcus, i Goldman di Baltimore, appunto.

Il caso Alaska Sanders è sempre un cold case, come lo era stato anche quello di Nora Kellergan, che ci ha tenuto incollati alle pagine de La verità sul caso Harry Quebert. Marcus si trova ad indagare nuovamente sul caso di omicidio di una giovane donna, questa volta avvenuto nel 1999, che aveva visto coinvolto nelle indagini un giovane sergente Galhowood. Quando una tragedia colpisce la famiglia del sergente e Marcus, indagandone le cause, scopre che un innocente è rinchiuso in prigione da undici anni, la strana coppia non può fare altro che riaprire il caso.

Per quanto riguarda Harry Quebert, non si possa dire che sia un vero e proprio personaggio de Il caso Alaska Sanders, ma la sua presenza aleggia in ogni pagina, causata dall’incapacità costante di Marcus di andare avanti. Vediamo lo scrittore a cui ormai tutti ci siamo affezionati fare i conti con i demoni del passato, mentre Harry è finalmente riuscito ad andare avanti, proprio grazie al lavoro di Marcus.

Perché, secondo me, Il caso Alaska Sanders è il miglior libro di Dicker dopo Harry Quebert.

Il caso Alaska Sanders è riuscito a tenermi incollata alle pagine con il fiato sospeso, e solo Dicker e pochi altri hanno questo pregio. La scrittura è semplice, pulita, non particolarmente elaborata o arzigogolata, anche se ogni tanto l’autore ci regala delle frasi che ci entrano dentro.

Il protagonista, Marcus, mi era obiettivamente mancato. Mentre indaga sul caso Alaska Sanders Marcus non è certo coinvolto quando il suo mentore Harry Quebert era al centro della sua indagine, ma comunque il caso ha sin da subito una piena personale, sia per il coinvolgimento del sergente, sia per i legami che instaura nel corso del romanzo.

La struttura è, come sempre, ben pensata. I capitoli terminano lasciando il lettore preda della suspance e incapace di abbandonare il libro. I colpi di scena abbondano, e insieme al mistero principale si snodano tutta una serie di vicende della vita di Marcus di cui vogliamo saperne di più, una fra tutti che fine abbia fatto Harry e perché stia lasciando al nostro protagonista dei messaggi di difficile decrittazione. Vi consiglio, però, di leggere anche Il libro dei Baltimore prima di questo romanzo perché vi sono dei piccoli spoiler di quello che accade in quel volume. Inutile dirvi che dovete leggere prima La verità sul caso Harry Quebert.

Come già era successo ne La verità sul caso Harry Quebert neanche qui la vittima è un personaggio completamente positivo o completamente negativo, ci appare in più punti come un personaggio grigio, anche se, forse, alla fine scopriamo di esserci sbagliati. Il caso Alaska Sanders ci porta in diverse città, a indagare su diverse persone, e, se ve lo steste chiedendo, sì, avevo scoperto l’assassino. Un primo dubbio mi era sorto circa a metà del libro, ma non trovando un alibi mi ero fatta deviare dalle teorie di Marcus e Galhowood. A una cinquantina di pagine dalla fine, però, ero certa di chi fosse l’omicida, ma ehi, ragazzi, come sempre, non so se io faccio testo, vi conviene dirmi se lo avete scoperto voi.

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