Altered Carbon: poteva essere un capolavoro cyberpunk

Altered Carbon, la serie televisiva distopica disponibile su Netflix che immerge lo spettatore in un mondo Cyber in cui dovrà risolvere gli enigmi del noir e far fronte a realtà molto differenti da quella attuale ma che purtroppo non trova una buona fine.

Il prodotto che andremo ad analizzare oggi è Altered Carbon, una serie tv composta da due stagioni e diciotto episodi totali dal genere distopico, fantascientifico e thriller ideata nel 2018 da Laeta Kalogridis, sceneggiatrice e produttrice statunitense, che ha partecipato anche alla produzione di Avatar e Terminator: Genesys. La serie si ispira al romanzo cyberpunk di Richard K. Morgan conosciuto come Bay City. Purtroppo viene cancellata nel 2020 dopo una seconda stagione poco soddisfacente, però ne possiamo godere uno spin-off d’animazione giapponese, disponibile sempre sulla piattaforma streaming Netflix, chiamato Altered Carbon: Resleeved, diretto da Takeru Nakajima e Yoshiyuki Okada.

La trama narra di una realtà avanzata a San Francisco del 2384, al tempo Bay City, in cui è possibile reincarnarsi in un nuovo corpo clonato, sintetico o riciclato, denominato “custodia“, in cui viene inserito un particolare chip, la “pila corticale“, da impiantare nella nuca che permette di salvare l’intero sistema celebrale, la memoria e tutto il cervello, come un computer. Dunque se il corpo, la custodia, muore ne rimane comunque l’essenza del soggetto ma se la pila viene distrutta allora si va incontro alla “vera morte”.

Il dilemma di questa tecnologia è che va ad accentuare le differenze sostanziali che erano già presenti tra classi sociali. Infatti, le persone più ricche, chiamate Mat, da Matusalemme, possono permettersi infinite custodie e backup dell’IDU e quindi resuscitare anche all’infinito e rendersi immortali venendo addirittura idolatrati come Dei. I più poveri, invece, possono permettersi solo “custodie da magazzino” e devono limitarsi a richiedere un corpo che non scelgono. Una scena molto coinvolgente a riguardo è quella di una bambina che viene inserita nel corpo di una donna anziana addirittura più grande della madre. Inoltre nella società creatasi vi sono i religiosi, i Neo-Cristiani, che rifiutano la pratica di resuscitazione ritenendola immorale.

La vicenda si apre presentandoci il protagonista di Altered Carbon è Takeshi Kovacs, un ex soldato dei servizi militari di Protettorato che mantengono ordine tra le classi sociali. Kovacs, però, si alleerà in seguito con gli Spedi, un gruppo di ribelli spedito, appunto, per fronteggiare il potere del Protettorato e dei Mat e restituire una giustizia sociale. Dopo la sua morte, verrà risvegliato e inserito nel corpo di Elias Ryker, un agente di polizia morto anch’esso, per indagare sulla sua morte, archiviata come suicidio, di Laurens Bancroft, uno degli uomini più importanti del pianeta che pensa, invece, si tratti di omicidio.

La prima stagione della serie ci presenta la creazione di un mondo seriale che ricorda diversi prodotti cyberpunk, in particolar modo il mondo futuristico per eccellenza del cinema contemporaneo, Matrix, per chi segue le serie tv anche la terza stagione della serie The 100 e per chi segue anche serie videoludiche ricorda molto l’universo di Cyberpunk 2077, videogioco del 2020 con Keanu Reeves.

Infatti, anche in Altered Carbon, lo spettatore vive in una città con grattacieli immensi e spettacolari, ultra tecnologica e che sembra molto funzionale, ma basta spostare la visuale con un minimo movimento di camera verso i bassi fondi per vedere quanto in realtà il degrado, il grado di povertà e malavita sia molto più elevato. Vediamo, quindi, una città di facciata, tutta apparenza ma niente sostanza. È sicuramente una critica sociale attuale ma ambientata nel futuro.

Altered Carbon ha una costruzione narrativa molto intricata. Infatti, oltre alla trama poliziesca principale e alla conoscenza di questa nuova civiltà, vi si intrecciano diverse sottotrame, alcune più interessanti e ben narrate di altre, ma che comunque non lasciano buchi di trama, servono alla narrazione e alla caratterizzazione dei personaggi e vengono spiegate alla fine della stagione. Anche la struttura temporale non è per niente lineare, fino alla seconda stagione sarà ricca di flashback della vita passata di Kovacs per lo stesso motivo esplicato in precedenza: la caratterizzazione soprattutto del protagonista, ma anche di personaggi come Reileen Kawahara o Quellcrist Falconer.

Proprio grazie a questa descrizione delle vicende e alle introspezioni psicologiche tutti i personaggi riescono ad interessare lo spettatore e a farlo immedesimare, a comprendere situazioni e a giudicarne i comportamenti e le scelte così come giudica l’intero nuovo mondo davanti al quale viene immerso. Questo è possibile, sicuramente, anche grazie alla grande interpretazione di attori come Joel Kinnaman, Will Yun Lee, James Purefoy e Martha Higareda, presenti solo nella prima stagione, ma dei quali conosciamo le grandi capacità recitative dato anche il fatto che spesso devono switchare personaggio da interpretare per la presenza della pila.

Nella seconda stagione, cambia l’attore protagonista. Il personaggio di Kovacs prima veniva interpretato da Kinnaman, ora viene sostituito con Anthony Mackie, il Falcon dell’MCU, che, purtroppo, in questo ruolo, non riesce a rendere allo stesso modo di Kinnaman il protagonista ed è il motivo principale della discreta qualità di metà serie, in quanto non vi si percepisce più quell’amalgamazione e l’empatia della prima parte perché sembra un ruolo non scritto per Mackie.

La seconda parte del prodotto che stiamo trattando, non si poggia più su alcun romanzo e si nota la differenza tra una mente e l’altra. Infatti, probabilmente il vero personaggio protagonista e Quellcrist in questa stagione, personaggio che avevamo visto solo nel passato di Kovacs nella prima stagione, ora molto più presente. Inoltre, vediamo sempre le diverse sottotrame che sembrano non essere lì più per allungare il brodo, sembrano non servive alla trama principale e nell’insieme sembra tutto così forzato a trovare un’altra filosofia come nella prima stagione che di base possiamo ricondurre anche solo nel copione di Quellcrist, probabilmente reso il personaggio più saggio.

Per quanto riguarda la parte tecnica della produzione non vi sono differenze visive tra la prima e la seconda stagione. Le riprese sono sempre eccezionali. Piani sequenza, carrelli, primi piani e montaggio totalmente impeccabili e molto significativi rispetto alla sceneggiatura con fondo filosofico che ci presentano. La fotografia è l’unica che cambia leggermente l’utilizzo di luci e colori, più accesi nella seconda quando vediamo immagini più cupe nella prima, ma c’è da dire comunque che vi sono differenti cambi di scenografia, ma rimane comunque la high quality del prodotto e lo rende bello alla vista. Eccellente lavoro anche per quanto riguarda gli effetti speciali, necessari e soprattutto ben realizzati per questo mondo cyber.

In conclusione: Altered Carbon è un prodotto seriale che riesce a creare un mondo e una nuova realtà da conoscere e studiare nonostante si tratti di una società molto vicina alla nostra, ma che agisce con una tecnologia molto più avanzata. Grazie a questo, riesce a dare un senso critico allo spettatore, che si pone diverse domande, si chiede se riuscirebbe vivere in una realtà simile e si fa un’idea su ciò che vede. È, dunque, una serie fantascientifica che molti aspettavano che regala attimi di filosofia e sociologia.

Purtroppo tutto ciò non avviene nella seconda stagione in cui le vicende sono sicuramente molto più d’intrattenimento ma non danno le emozioni che il pubblico riesce a provare con la prima stagione. Tutto sommato però possiamo dire che è una serie godibile dall’inizio alla fine, quasi un toccasana per gli amanti del genere cyberpunk e della tecnologia, esteticamente assolutamente ben fatta e che ci regala la visione di immagini girate unicamente mettendo sul grande schermo colori, movimenti e realtà surreali rispetto a quella che viviamo nella quotidianità.

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